mercoledì 16 dicembre 2009

PREFERENZE

«Sara mi piace perché è una bambina, così ingenua. Vittoria invece perché è una donna, sexy e consapevole di sé. Di Roberta mi ricordo solo il culo, ma proprio bene. E di Elisa mi è sempre piaciuta la sua allegria...»
«Lo sai che mi fa soffrire tutto questo, a me che ho sempre voluto essere l’UNICA. Io bambina, io donna, io con il mio culo, con la mia allegria. Perché mi provochi questo dolore? Perché mi dici che mi ami se continuano ad esserci anche loro?»
«Perché tu sei l’unica che sa delle altre e nonostante questo continui ad amarmi.»

lunedì 14 dicembre 2009

UNA CAREZZA ANCORA, PASSERÁ

Un'autostrada corre libera e veloce; i treni sfrecciano nervosi sui binari; un uomo sotto un ombrello, ventiquattrore in mano.
Un istante.
La strada è ora bloccata, i binari deviati, l'uomo fermo.
Lontano, una macchina rovesciata.
Un bambino la osserva incredulo tra i vetri appannati dalle lacrime di un cielo livido. Passa oltre.
Da qualche parte suona un telefono. Chi lo sente, se lo sente, forse percepisce il tono diverso di quello squillare. Se non risponde, ad avvertirlo sarà il silenzio di quattro mura appena illuminate; raggi di luce invadenti riescono a intrufolarsi nella stanza deserta. Fredda sensazione del nulla. Un vuoto.

venerdì 11 dicembre 2009

L'EROE

L’eroe sa che non farà ritorno, ma ha bisogno di legare ad un filo la speranza. Ci sono la pioggia, il vento e le montagne, e poi chissà quante strane creature si frapporranno tra lui e la sua meta; lupi, orsi e ragni giganteschi.
La foresta nasconde antichi segreti. Sulle alture abitano i giganti delle rocce. Piccolo eroe, fin dove credi di poter arrivare?
Ma è solo nell’intento che si nasconde tutto l’ardire dell’avventuriero.
“Andiamo…” sussurri. La tua piccola casa sembra un palazzo. Vorresti rimandare la partenza, ma sai bene che non puoi.
È il vento che ti supplica di partire.

venerdì 4 dicembre 2009

TERRORISTA PER FORZA

Vorrei non avere ancora nelle orecchie il sibilo delle sirene. In questura mi trattarono male, mi interrogarono per tutta la notte. A niente era valso continuare a ripetere che niente c’entravo con i terroristi di cui andavano in cerca. Sulla rubrica di quello che avevano preso c’ero anch’io, ma neanche io sapevo spiegarmi il perché. Infine arrivò l’avvocato d’ufficio e mi disse di stare tranquillo. Al processo mi condannarono, mi fecero uscire solo perché avevo la fedina penale pulita. In seguito fui contattato dall’organizzazione, e così diventai terrorista davvero, tanto ormai ne avevo la fama.

giovedì 3 dicembre 2009

IL PICCOLO TOBIAS

La mamma del piccolo Tobias era diversa quella sera. Se n’era rimasta tutto il pomeriggio a fissare la TV sintonizzata su un canale morto, due vacui occhi ancorati al tremolante nevischio grigio.
Tobias giocava tranquillo con i treni sul tappeto rosso del soggiorno. Quando sua madre gli disse di mettersi il pigiama gli sembrò la cosa più naturale del mondo. Lei gli avrebbe rimboccato le coperte e, prima di spengere la luce, dato un bacio sulla fronte.
La sua testolina non ebbe il tempo di spiegarsi perché quella sera sua madre, invece di augurargli la buonanotte, gli infilò le forbici negl’occhi.

L’UNICORNO

L’unicorno era confinato in un recinto di filo spinato e corrente elettrica. I dottori gli facevano di continuo dei prelievi per trasformare il suo sangue dorato in costose medicine. Gli scienziati invece studiavano i suoi poteri telepatici per applicarli all’industria bellica. Un cameraman lo seguiva ventiquattro ore su ventiquattro per il reality show più in voga del momento. Ogni tanto la creatura guardava dritta nell’occhio della telecamera, come se volesse parlare al suo accalorato pubblico. Di solito in quel preciso istante partiva lo stacco pubblicitario, per ricordare alla gente che, malgrado gli orrori e le ingiustizie, lo spettacolo doveva andare avanti.

mercoledì 2 dicembre 2009

LE POLITICHE

Mirco dondolava insieme alla sua Tennent’s, la cenere lunga sul punto di cadere, il corpo magro piegato innaturalmente dall’ultima pera. Si stava insieme al banco ad aspettare il mio corretto…
«Gano, te che sai tutto, chi le vince le politiche?»
La Giorgia mi sistemò la tazzina davanti e si girò ad afferrare la bottiglia di Stravecchio, una manovra d’anche sublime che mi fece fare un balzo al cuoricino.
«Credo che questa volta vincerà la sinistra» risposi, sorridendo alla Giorgia.
«Speriamo Gano!» esclamò Mirco, grattandosi il ginocchio e sfregandosi violentemente il naso.
“Perché, che differenza farà mai!” pensai io, girando il caffè.

domenica 29 novembre 2009

UNA STORIA SENZA TEMPO

«Dove andremo?» domandò l’Astromante.
«Da nessuna parte…» sussurrò Yileit. La sua voce era serena e triste.
«E le anime in attesa?»
«Insieme a noi…»
«Ma se…»
«Tielsin, Alia, Rudor, Kido, guardatemi. Questa non è la fine, ma non è neanche l’inizio come lo abbiamo sempre pensato. È qualcosa di nuovo, inafferrabile. Provate ad immaginare una storia senza tempo…»
«Una storia senza tempo?»
«Si. Tutto sarà semplicemente, e basta.»
«L’Universo Immobile… Ma come può esistere qualcosa al di fuori del tempo?»
«Noi siamo eterni, ricordatevelo. Non apparteniamo a alla ciclicità degli eventi. Siamo, tutto qui…»
Poi il tuono coprì le loro voci.

IL DONO DI YILEIT

Nel cielo sopra il deserto rimbombava ininterrottamente il tuono. Gli Astromanti sapevano che quella era la canzone che preannunciava il Grande Collasso.
Nella luce dorata di mezzogiorno apparve in lontananza una figura minuta, ammantata di nero. Tielsin seppe nel momento stesso in cui la vide che si trattava di Yileit. Le andò incontro accecato dall’odio.
«Poco importa a questo punto, ma almeno mi prenderò la soddisfazione di ucciderti…» le disse, richiamando le meteore.
Lei lo guardò con occhi antichi.
«È per questo che sono qui, per donarti la mia vita…»
Le meteore esplosero lontano dalla donna.
Tielsin cadde in ginocchio piangendo.

venerdì 27 novembre 2009

L’ABBANDONO

Le parole non avevano più potere ormai. La fine era prossima. Tielsin, Alia e Rudor ripercorsero di nuovo la strada verso il deserto. Incrociarono i nomadi la cui carovana era stata decimata dall’Abbandono. Ormai tutti lo chiamavano così. Chi non riusciva a lasciarsi morire era visto come un debole, indegno del cambiamento in corso. La viltà poteva rivelarsi il miglior antidoto contro il virus insinuato da Yileit.
Finalmente la torre apparve tra i giochi di luce delle dune. Kido sedeva vicino all’entrata, con gli occhi chiusi e le braccia consorte.
«Perché siete tornati?» domandò.
«Perché non c’è più nulla da fare…»

IL TUONO

Il contadino abbracciava il figlio e la sua donna, con le spalle rivolte alla fattoria e lo sguardo sui campi lasciati a maggese. Singhiozzavano teneramente, stringendosi formando un intreccio organico di pelle ed ossa, tre ombre di un mondo in declino.
«Cosa li hai detto?» domandò Tielsin.
«Di coltivare… ma non ne hanno voluto sapere.» Gli occhi di Alia erano stanchi ed arrossati.
Un tuono percorse il cielo privo di nuvole.
«Che succede?» chiese Rudor.
Tielsin guardò in su ma non rispose. Si rimise in cammino verso gli altri villaggi, avvolto nel suo mantello le cui stelle sembravano essersi ormai offuscate.

mercoledì 25 novembre 2009

NOTTURNO AMORE

Seduta in giardino, guardavo le stelle.
Improvvisamente le sue mani si posarono sulle mie spalle, e mi baciò sul collo.
«Vieni dentro?» mi chiese dolcemente.
«No, fa caldo, e voglio le stelle come spettatrici» gli dissi alzandomi e attirandolo a me.
Lo baciai. Cominciammo a spogliarci l’un l’altra. Piano mi allargò le gambe e cominciò a farmi godere con le sue mani forti e delicate. Lo fermai e lo sdraiai sull’erba mettendomi sopra di lui.
«Oggi comando io» gli sussurrai. Lo possedei con dolce passione fino a che le nostre urla di piacere non fecero arrossire le stelle che osservano invidiose.

AMPLESSO FURTIVO

Piegata in magazzino alla ricerca di una scatola, d'un tratto mi sentii toccare da dietro. Sobbalzando mi girai e lui mi prese e mi baciò. La lingua, calda e avvolgente, entrò nella mia bocca ed io non seppi resistere. Ero già sua. Mi toccava le cosce, il sedere, mi avvolse con il suo corpo, mentre il suo membro si strusciava sul mio ventre. Sentivo il desiderio salire fino alla bocca dello stomaco: ero agitata, emozionata, eccitata. Mi alzò la gonna ed "iniziò l'amplesso": questione di due minuti e mi fece sua, poi lo lasciai lì, a risistemarsi i calzoni.

martedì 24 novembre 2009

LA PROFEZIA DI GRASIAN IL FOLLE

“Durante l’ultima guerra, quella che avrebbe spazzato via una volta per tutte l’umanità, non si sarebbe versata neanche una goccia di sangue.” Così un pazzo profeta, un folle Astromante e poi Entropico ripudiato, aveva scritto nelle sue memorie. Il suo nome era Grasian, e morì solitario nel deserto, lontano dagli affari del mondo magico. Nei suoi studi presso l’osservatorio di Tyria, dopo gli insegnamenti del maestro Braman, Tielsin venne a conoscenza di questa profezia, ritenuta sciocca ed inverosimile. Eppure il mago ne era rimasto da sempre affascinato.
Ora, mentre gli uomini si lasciavano morire davanti ai suoi occhi, capiva finalmente perché.

sabato 21 novembre 2009

UN MEDICO

C’era una volta un medico che voleva salvare le vite di milioni di persone. Per anni cercò di creare in laboratorio il filtro medicamentoso per ogni acciacco, la cura miracolosa contro ogni malattia. Dopo moltissimi esperimenti riuscì a realizzare lo straordinario elisir. Ma nel frattempo gli uomini erano diventati saggi, vivevano in armonia con la natura e non si ammalavano mai. Il medico s’infuriò e, ritiratosi nuovamente nel suo laboratorio, incominciò a produrre virus e batteri e a spargerli per il mondo.
L’anno dopo, grazie al suo elisir, non solo divenne l’uomo più potente del regno, ma anche il più amato.

giovedì 19 novembre 2009

STRIPPER

Stasera si lavora e quelle donne lì fuori aspettano solo me.
Vogliono che le faccia divertire, emozionare, divagare: cercano in me quello che nei loro compagni non riescono più a trovare.
Il mio corpo è il loro nutrimento: è il cibo per il loro spirito.
Urlano il mio nome, reclamano la mia presenza: ogni sera temo di essere assalito da quell'orda famelica di donne.
A fine serata la mia più grande soddisfazione è aver dato loro una parte di me.
Ormai non mi imbarazza più presentarmi a loro come mamma mi ha fatto, perché sono le mie donne e le amo alla follia.

L’UNIVERSO IMMOBILE

“Secondo le scritture dei Profeti Astromanti, ogni evento che accade nel nostro universo fa parte di un disegno circolare. Ecco perché tutto, prima o poi, ritorna. Alterando le fondamenta su cui si basa la stessa esistenza del cosmo, è possibile stabilizzare questo universo. Dalla circolarità all’immobilità.
Per innescare questa rivoluzione bisognerebbe che molti maghi richiamassero un potere tale da distruggere l’intero sistema solare. Questo incantesimo è chiamato il Vibrato.
La magia è un modo, ma ne esiste un altro. Se la maggioranza degli uomini fosse disposta ad accettare l’annientamento dello schema ciclico, il processo di rimodellamento dell’universo avverrebbe in modo naturale…”

BRUCIANO LE DIECI CITTÁ

Scie di pellegrini lasciavano le grandi città ed i paesi dal grande mare alla Breccia. Erano i sopravvissuti alle fiamme da loro stessi appiccate ed i prescelti per portare la parola della sacerdotessa Yileit. Lentamente queste silenziose processioni di anime tristi avanzavano in direzione delle montagne. Alia, Rudor e Tielsin ne potevano distinguere due in lontananza, mentre attraversavano il passo settentrionale della Breccia.
«Che cosa vogliono?» domandò Alia al grande maestro.
«Ciò che hanno sempre voluto; il Grande Collasso…»
«Ma come potrebbe essere?»
«Muoviamoci» intimò Tielsin, «vi spiegherò tutto mentre camminiamo».
Il canto funebre delle dieci città si alzò dalle pianure.

martedì 17 novembre 2009

L'AMORE INGOMBRANTE

La storia d’amore, con i suoi slanci e i bruschi arresti, le passioni iniziali e le domande del poi, delle serate pigre, davanti ad un bicchiere o ad un piatto di pasta insipida. Gli occhi di lei che non ti guardano, la forchetta che batte sul bordo del piatto, la sua pelle che non profuma più come il primo giorno. Il cellulare vibra e diventa il pretesto per lasciare la tavola. Qualcosa di unico è rimasto sommerso da uno strato di noia.
O forse l’amore è diventato così ingombrante da non riuscire più a mostrarsi?
«Io esco?»
«Quando torni?»
«Non so…»

lunedì 16 novembre 2009

RACCONTAMI UNA STORIA

“Papà, raccontami una storia...”
L’uomo guardò il figlio e sorrise. Poi incominciò: “C’era una volta…”
“Che cosa?” domandò una vocina nella testa.
“No, non è vero…” sussurrò l’uomo. Poi tornò a guardare il figlio.
“C’era una volta…”
“Chi? Rispondimi. Risponditi! Chi c’era?”
“Lasciami in pace!” urlò l’uomo alla vocina.
Scosse la testa, riprese fiato e continuò: “C’era una volta…”
“…tuo figlio!”
L’uomo si disconnesse e sprofondò nel pianto, ma il programma che faceva rivivere i ricordi continuò a girare nel deck. Poteva ancora sentire la voce del piccolo Matteo dalle casse dell’apparecchio.
“Papà, raccontami una storia...”
Ma Matteo non c’era più.

venerdì 13 novembre 2009

IL PICCOLO PIERROT

Su un foglio bianco riporto le immagini e i pensieri che nella mia mente si accalcano, si urtano e litigano tra loro rendendo tutto estremamente confusionario.
Riguardano me, te, noi.
Se è vero che in amore e in guerra tutto è permesso allora ho fatto di tutto per tenerti accanto a me.
Intanto, i miei pensieri prendono il volo e dalla finestra giungono fino alla luna, che, luminosa e discreta, mi contempla dal suo angolo di cielo.
Una lacrima scende sul mio viso a ricordo di un amore che ancora mi tormenta perché non ti ho mai scordato, non l'ho fatto mai.

lunedì 9 novembre 2009

LA CADUTA

«Qui non c’è più niente che possiamo fare» ammise mestamente maestro Tielsin. I suoi due compagni lo guardarono sbigottiti.
«Che cosa significa, maestro?» domandò Alia.
«Avete visto i volti della gente, i loro sguardi infossati, la loro pelle appassita. Si stanno lasciando morire… Non abbiamo niente contro cui combattere. Uccidendo Yileit velocizzeremmo solo il corso degli eventi. Il virus che lei ha iniettato è ormai in circolo. L’unica cosa che possiamo fare è preparare i villaggi…»
«Ma questo significa che le dieci città cadranno…»
Tielsin guardò negl’occhi della donna, colmi di un dolore profondo.
«Alia, le dieci città sono già cadute…»

LA MALEDIZIONE DELL’UOMO

Yileit non si diceva un Entropica, perché tra la gente era ancora vivo il ricordo delle tre guerre. Professava la religione dell’Abbandono e venerava il dio Oblio. Le parole potevano cambiare ma Tielsin sapeva che il fine era sempre quello; l’annientamento.
«Perché gli uomini sono così affascinati dall’oblio?» domandò Rudor al maestro.
«Sono prigionieri della loro mobilità. Sono convinti di sentire il bisogno di cercare sempre qualcosa di nuovo, e quando si possiede tutto il desiderio più grande diventa il non avere più niente.» La voce di Tielsin suonava affranta e stanca.
«Ed è sempre stato così, maestro?»
«Sempre, figliolo… sempre!»

mercoledì 4 novembre 2009

LA VEGLIA DEI GIGANTI

Oltre le nuvole si trova la città dei giganti, fatta di palazzi di nebbia e castelli di grandine. Ma i giganti son gente ansiosa, si sa… Tengono sempre un occhio al suolo, domandandosi come mai il loro mondo galleggi.
La notte, per paura che mentre tutti dormono la città si sfracelli a terra, tre di loro montano la guardia, e per non addormentarsi si raccontano delle storie. Son storie piccine, perché quelle lunghe potrebbero annoiare e far sbadigliare… Raccontano di noi piccoli uomini, del tutto ignari di una città di ghiaccio e nebbia che galleggia sulle nostre teste. Le volete ascoltare?

martedì 3 novembre 2009

L’ENTRATA DI YILEIT NELLA CAPITALE

Le parole di Yileit anticiparono la sua entrata nella capitale. Arrivò su una carrozza nera trainata da dodici cavalli corvini, e nere erano pure le guardie al suo cospetto. Il re di Tyria le venne incontro con il capo chino e il popolo circondò il suo carro. Per omaggiarla pianse trasportato da una tristezza contagiosa, un abisso tiepido in cui rovesciare la propria anima.
I tre Astromanti videro tutto ciò nascosti tra la folla sofferente e seppero che una nuova guerra contro gli Entropici era incominciata. Questa volta non si sarebbe combattuta con la magia, ma con la forza delle idee.

PENSIERI AL COSPETTO DELLA GALASSIA

I tre Astromanti osservavano il cielo rapiti, poco fuori le mura di Tyria. La Via Lattea si mostrava ai loro occhi in tutto il suo splendore.
«Cosa credi che sia successo? Perché la gente è così distante?» domandò Alia al maestro Tielsin.
«Sembra che siano tutti nervosi e inappagati…» aggiunse Rudor.
«Non saprei, ma temo che le vecchie idee degli Entropici potrebbero mettere facilmente radici in un terreno così fertile…» sospirò Tielsin.
«Ma gli Entropici sono stati sconfitti, no?»
«Si, Alia… ma le loro idee vivranno sempre tra gli uomini…»
«Allora che facciamo?» domandò Rudor.
«Aspettiamo…»
Nel cielo cadde una stella.

lunedì 2 novembre 2009

TYRIA

Tyria non era cambiata, almeno nell’aspetto. La capitale delle dieci città, con le sue torri, i suoi palazzi e il grande osservatorio la cui cupola era visibile fin dai pendii orientali, scintillava dei riflessi del sole spuntato d’improvviso dopo un giorno di pioggia torrenziale. I tre Astromanti entrarono nella prima locanda per un boccone ed un boccale, e per poter asciugare le vesti impregnate d’acqua. Alcuni avventori guardarono di sbieco le tuniche ricamate di stelle e qualcuno non nascose il suo disappunto.
«…eppure si diceva che erano tutti morti…»
«…non ci si può fidare di quei fattucchieri…»
«…sono tornati i guai…»

RITORNO AD OVEST

Alia, Rudor e Tielsin salutarono con un lungo e commovente abbraccio il compagno Kido, troppo vecchio per seguirli, e ripercorsero a ritroso la strada che avevano fatto insieme settant’anni prima. Non vi era più traccia del passaggio dell’orda di Adù e la natura, complice il tempo taumaturgo, aveva ripreso possesso del territorio.
I tre Astromanti, probabilmente gli ultimi conoscitori dei segreti del cosmo, viaggiarono per settimane attraverso il deserto, le paludi, la foresta, fino ai villaggi sotto l’imponente catena montuosa che veniva chiamata La Breccia. Più oltre vi erano le dieci città, eredità di una civiltà perduta ma non ancora distrutta.

mercoledì 28 ottobre 2009

NOTIZIE DAL MONDO

Giunsero i nomadi con i cammelli e le tende multicolori. Si accamparono sotto una duna di sabbia, a un tiro di sasso dalla torre. Uno di loro, bruno e coi capelli raccolti, chiese di poter utilizzare l’acqua del pozzo.
«Quali notizie porti dal mondo?» domandò Tielsin.
«È stata una buona annata per i villaggi» rispose il nomade mentre riempiva alcune bisacce.
«E le dieci città?»
L’uomo bruno si fermò e guardò il cielo.
«Nessuna notizia…»
«Ma…» lo incoraggiò l’Astromante.
«Tra di noi vive una Sognatrice. Da mesi percepisce il malcontento… La gente laggiù non è felice.» Poi tornò sui suoi passi.

DOTTOR JACOB

Con Layla giocavamo a fare i dottori...
Tutto incominciò per sbaglio, perché spesso succede così, la vita intendo, è tutta un dannatissimo errore! L’attrazione, il sesso, la complicità, l’amore (o quello che è) e poi le prime litigate, gli umori, le noie… Arriva il tempo in cui servono distrazioni, nuovi stimoli, accelerazioni cardiache e sballi di testa. Ti prende una fantasia che poi proponi al partner… e una cosa tira l’altra.
Quello stupido gioco risvegliò qualcosa in me che doveva rimanere per sempre sopito.
“Chiamami dottor Jacob” le dissi, avvicinandomi con il bisturi in mano.
Poi fu una pioggia di sangue.

lunedì 26 ottobre 2009

INCOMPRENSIONI RAVVICINATE DI UNO STRANO TIPO

I miei nuovi amici venivano dalla costellazione di Ofiuco, più precisamente dalla Nebulosa Farfalla che si trova lì nei paraggi. Erano piccoli, gialli fosforescenti e sfoggiavano una manciata di antenne che spuntavano dal loro capino. Uno strano marchingegno che si portavano appresso e che faceva da traduttore simultaneo ci aiutava a comunicare. Gli esserini si stavano divertendo, ma ogni volta che me ne venivo fuori con un articolo possessivo il marchingegno s’inceppava. Mi dissero che nell’universo nessuno li usava.
Andò a finire che con tutti i “miei”, “mio” e “nostro” glielo ruppi, perciò se ne andarono e non tornarono mai più.

martedì 20 ottobre 2009

IL RISVEGLIO

«Numi, quanto tempo è passato?»
«Settant'anni...»
«Hai vegliato sui nostri corpi tutto questo tempo? Perché? Avresti potuto chiamarci prima.»
«Maestro, sono in pace con la mia scelta...»
«Capisco...»
«Non so quanto tempo ancora mi rimane. Sento che le forze mi stanno per abbandonare. Per questo motivo vi ho richiamato.»
«Certo.» Tielsin cercò negli occhi umidi di quel vecchio lo sguardo del ragazzo che aveva lasciato a custodire la torre. Il sonno degli astromanti aveva alterato la sua percezione del tempo. Si sentiva come se avesse dormito solo qualche ora.
«Ci sono novità dal mondo?»
«Domani verranno i nomadi a portare notizie.»

LA VEGLIA

Numi osservava il deserto dalla torre che era appartenuta al padre, in un tempo remoto di cui ricordava appena. Aveva trascorso una vita in solitudine, a guardia dei corpi dei maestri, solamente per espiare le colpe del genitore. Forse non era stato giusto, ma era quello che si era sentito di fare, ed era sicuro che se avesse potuto tornare indietro avrebbe fatto la medesima scelta. Aveva un solo rammarico, non essere riuscito a lasciare un erede per portare avanti la veglia. Doveva richiamare il maestro Tielsin, la cui anima dimorava da settant'anni nel cosmo. Poi anche lui avrebbe finalmente dormito...

lunedì 19 ottobre 2009

IL TEMPIO DEL DIO FASULLO

Yileit si avvicinò al tempio del dio fasullo. I fedeli erano prostrati sui gradini che portavano alla grande effige marmorea, un uccello dalla testa di lupo. Alcuni di loro mormorarono quando lei li oltrepassò, prendendo posto vicino alla statua. Non era permesso toccarla...
- Donna, come osi? - gridò qualcuno. Ma Yileit ignorò quelle parole e allungò la mano verso il muso del simulacro. Un suono simile ad un risucchio precedette l'incantamento. La statua scomparve come se fosse stata inghiottita dall'aria.
- Ecco quanto vale il vostro dio! - disse Yileit. Poi parlò loro di Entropia e dell’universo oltre il velo.

venerdì 16 ottobre 2009

ANIME VUOTE NEL TEMPIO DELL'ABBONDANZA

Erano passati settant’anni dall’avvento di Adú, il dio del fuoco, e più di un secolo dall’ultima guerra contro gli Entropici. Le dieci città prosperavano come mai era accaduto. Lontani erano i giorni in cui gli Astromanti vegliavano le rocche e i palazzi dei principi, e la minaccia del Grande Collasso aleggiava come un ombra sul cuore di ogni uomo. Adesso la magia era quasi una leggenda nelle terre dal Grande Mare alla Breccia. Eppure gli uomini, che vivevano in leggerezza e in abbondanza, si sentivano insoddisfatti, come se la pace tanto desiderata avesse svuotato i loro animi trasfigurando il loro destino.

venerdì 9 ottobre 2009

IL RACCONTO PIÚ BREVE

Quando il mio editore mi chiese di scrivere il racconto più breve che si era mai visto, io gli porsi furioso la mia ultima storia priva del finale.
- E questo cosa vuol dire? -
- Come cosa vuol dire? Hai visto cosa ha fatto il tuo dannato racconto? Era così breve che ha rubato le parole di quello che avevo appena scritto. Adesso nessuno saprà come andava a finire! -
L’editore mi guardò perplesso. Pensava che scherzassi, invece gli dissi di andare al diavolo e lo licenziai.
Se avevo ucciso quella storia la colpa era sua, e lui lo sapeva.

lunedì 5 ottobre 2009

IL CORVO E LA COLOMBA

C’era una volta un corvo e una colomba nel mezzo di una strada di periferia, ed eran appena le sei del mattino e la città dormiva beata. Il corvo beccava gli angoli di una paginetta della settimana enigmistica. Fu in quel mentre che la colomba gli si avvicinò.
«Che fai?»
«Leggo.»
«Tu?»
«Certo, perché le colombe non sanno leggere?»
«Certamente… ah, ah!»
«Perché ridi?»
«Per la battuta di quella vignetta.»
«Si, l’avevo già letta. Sto facendo il cruciverba, io…»
«Difficile?»
«No, l’ho quasi finito…»
Presi dalla lettura o dalla loro vanità, i due uccelli non udirono il camion del latte sopraggiungere.

giovedì 1 ottobre 2009

AMORE RITROVATO

Quarant'anni a sezionare cadaveri in una stanza sterile dove il fascino e le ambizioni della medicina erano presto sfumate in cinismo e noia.
Ancora un paio di giorni, la fine della settimana, e sarebbe arrivata la pensione.
Quella notte, sul lettino dell'obitorio, la sua paziente era una donna sulla sessantina, caucasica, bionda. Due coltellate al petto, sopra il seno sinistro. Segni particolari: il tatuaggio di una piccola farfalla sulla spalla; lo stesso tatuaggio di trent'anni prima.
Lui la osservò meglio riconoscendo quel volto, celato sotto un velo di rughe.
Per la prima volta in quarant'anni di servizio, pianse per una paziente.

YILEIT

Yileit respirava piano. Sentiva il vuoto attorno al suo corpo. Protese la parte eterea di se stessa dentro quel nulla assordante.
«Lo avverti, adesso?» domandò il vecchio.
«Si… è l’Inizio…» rispose lei, dentro il sogno.
Le mani nodose del maestro centenario lasciarono la presa sulle tempie dell’adepta. La ragazza aprì gli occhi.
«Sei pronta, Yileit. Ora finalmente potrò incontrare l’Abisso…»
«Ma maestro…» provò a dire lei.
«No. Lasciami solo. Vá, adesso! Porta la parola del cambiamento. Lasciami morire felice…»
Yileit accarezzò i capelli bianchi del maestro, poi uscì dal tempio degli Entropici, l’ultimo rimasto.
Il nuovo Inizio era la Fine, pensò.

martedì 15 settembre 2009

STORIA DI UN SASSO

«C’era una volta un sasso...»
«Ma no, non una storia sui sassi, ti prego. Inventati quello che ti pare ma non una storia sui sassi.»
«E perché mai? Questo era un sasso importante, sai…»
«Ma come può essere importante un sasso, dai! Ma fammi il piacere! Vuoi solo dimostrare di poter scrivere una storia su tutto, ma questa qui fa acqua da tutte le parti, e ancora devi iniziare a raccontarla.»
«Ma guarda che questo sasso…»
«No, per favore, smettila!»
«Ti giuro che…»
«Adesso basta, dai!»
«Ma ascoltami…»
»Noooo…»
«Stai attento a…»
«A cosa?»
PATAPUM!
»…a quel sasso che ti dicevo!»

DAL FREDDY

Dal Freddy si mangia la trippa come da nessun’altra parte. Naturalmente ci vuole un fiasco di vino per mandarla giù.
Quel giorno ci portai la Letizia, diciamo pure “una vecchia compagna di scuola”, e la scuola che intendo si chiama vita, tanto per esser precisi.
Si sedette e, senza guardare nemmeno il menú, ordinò un filettino con patatine.
«Perché non assaggi la trippa? Come la fa il Freddy non la fa nessuno» le consigliai.
«Bleah!» rispose lei con la bocca piena di rossetto.
Quel giorno capii che donne si dividono in due categorie: quelle buone solo per una cosa e quell’altre.

lunedì 14 settembre 2009

L'ANNUNCIO

Quando la mente dell’uomo è in balia della quotidianità e delle sue false promesse, la chiamata della nera signora diventa la più potente delle calamite.
Giulia sognò ancora il parco alle prime luci dell’alba, il giornale del vecchio sulla panchina datato 14/9/2009, il gatto rosso che le passava davanti sulla pista da jogging, la mano che le afferrava i capelli, la lama del coltello che le abbagliava gli occhi. Ciononostante anche quel lunedì 14, come al solito, decise di uscire per andare a correre al parco.
Fu così che la morte sorprese Giulia, pur avendole annunciato più volte la sua venuta.

LA PRIMA FOGLIA AL VENTO

Ecco il vento, quello un po’ più fresco, che viene dal nord e profuma di sempreverdi. Il salmastro è già un ricordo nei primi giorni di settembre.
Le siepi del giardino dei nonni sono sempre le prime ad ingiallirsi, ma le loro foglie rimangono attaccate tutto l’inverno, dorate e secche come la ceralacca. Rimango ad osservare il giardino dalla veranda, con indosso l’ultima maglietta estiva. Presto dovrò tirare fuori il mio maglione.
E tu invece, piccola foglia del ciliegio più alto, che fai? Stai già pensando di volare via?
Ecco che ritorna il vento, una folata più forte.
Bene arrivato, Autunno…

lunedì 7 settembre 2009

L'ASCIA COLEMAN

Gli spaccai il cranio con un’ascia Coleman, in acciaio inox e carbonio. L’impatto fu preciso, quasi inatteso. Lui cercò di evitare il colpo ed invece andò incontro alla lama. Seguì un rumore freddo ma rotondo, una sorta di “TOC” con rimasugli liquidi, tipo “Flascch”. Sentii uno schizzo tiepido sulla guancia, ma non chiusi gli occhi. Il modo in cui l’arma si faceva strada tra la molliccia materia cerebrale era a dir poco affascinante. Tra il “Toc” e il “Flascch” avvertii un simpatico rantolo, l’urlo morente della mia vittima.
“Così impari a scoparti le donne degli altri”, dissi. Poi mi venne fame.

venerdì 4 settembre 2009

ESILIO

«Cosa facciamo adesso?» domandò Rudor al maestro Tielsin.
«È giunto il tempo di risanare la terra. Dobbiamo andarcene» rispose l’astromante.
«Tielsin ha ragione. Gli uomini non hanno più bisogno di noi…» aggiunse Alia.
Il giovane Kido, nonostante il tradimento, piangeva accanto al cadavere del padre.
«Questa torre ospiterà i nostri corpi, mentre gli spiriti alloggeranno presso la nebulosa dell’Aquila. Rudor, radunerà gli altri astromanti e Kido rimarrà a vegliare le nostre spoglie mortali.»
«Io?» domandò il ragazzo tra i singhiozzi.
«Sei il più giovane e hai dimostrato di avere molto più giudizio di tuo padre. Si, tu rimarrai qui ad osservare.»

giovedì 27 agosto 2009

IL PIPISTRELLO E LA LUCERTOLA

Alla fine si sposarono, malgrado tutti dicessero che non avrebbe mai funzionato. A lei piaceva il sole e passava le giornate abbarbicata sul muro, mentre lui se ne stava sotto il tetto a dormire. Poi la notte lui cacciava e lei andava a letto.
Di tempo da passare insieme ne avevano poco, ma il tempo si sa, è un vecchio burlone, e ci sono momenti che durano eternità.
S’incontravano sempre al calar della sera per guardare insieme il tramonto. Poi al mattino lui ritornava con degli insetti prelibati, e facevano colazione ammirando l’alba.
Ebbero un figlio davvero magico; lo chiamarono Drago.

mercoledì 19 agosto 2009

I CAPEZZOLI DELLA VANDA

Fumo entrò nel bar con la sigaretta accesa ma nessuno ci badò, non perché non si rispettassero le leggi, ma perché era Fumo e lui non sentiva seghe.
«Gano, proprio te!»
«Che succede?»
«Nulla… ti volevo solo chiedere… ma è vero quello che si racconta della Vanda?»
«La Vanda?»
«Si, la Vanda…»
«E che si dice della Vanda?»
«Beh, le voci, sai come sono….»
«Vuoi dire che non ci sei mai andato?»
«No…»
«Non ti sei perso poco…»
«Allora è vero?»
«Cosa? I capezzoli?»
«Eh…»
«Miele di montagna con una punta di magnolia….»
«Ma va, dai!»
Le leggende vanno sapute coltivare.

IL CASO LESTER ROBERTS

Lester Roberts, il caso più assurdo che mi sia mai capitato!
C’era qualcosa di strano nel rapporto dell’autopsia. Lo dissi al tenente, ma lui mi guardò sbieco. “Vai a farti fottere, Morgan!”
Ma insistetti su quella strada, perché sentivo che era quella giusta.
Dopo quattro giorni di menate burocratiche riesumarono il corpo. Quando aprirono la bara ero lì, come un bimbo davanti a un uovo di cioccolato.
“Che diavolo ti aspetti di trovare?” domandò il sergente.
“Questo!” risposi io, indicando alcuni graffi sotto il coperchio.
Lester Roberts, sepolto vivo per l’errore di un dottore, aveva inciso il nome del suo assassino.

lunedì 17 agosto 2009

CLICK

Click! Continuavo a scattare, perché non riuscivo proprio a crederci. Le foto mi hanno sempre aiutato a fare i conti con la realtà. Click!
Lei, lui, la panchina del parco, la donna dei piccioni, i bimbi col pallone, i raggi di sole attraverso le larghe foglie dei platani. Click!
Spinsi al massimo il teleobbiettivo. La vidi ridere attraverso i mille riflessi del corpo macchina. Click! Una carezza fugace, un bacio sfiorato. Click!
Insieme, mano nella mano, lasciarono la panchina.
Dov’erano diretti, mi chiesi. Una camera d’albergo oppure a casa di lui?
Click! Ma ormai neanche lo zoom riusciva più ad afferrarla.

venerdì 7 agosto 2009

LUCY

Non avevo mai creduto al diavolo, almeno fino al giorno in cui la lasciai. Lucy si chiamava. Come le altre incominciò a tormentarmi con gli sms.
“Usciamo domani?”
“Dove sei?”
“Chiamami!”
A me ne bastò uno per chiudere il discorso. “È stato bello, piccina…”
Ma ero io l’illuso.
Venne a trovarmi in sogno, accompagnata dal demonio. Mi disse che se non tornavo da lei potevo dire addio alla mia anima. Anche se non frequento le chiese alla mia anima ci tengo…
Come è finita? Splendidamente!
Ci siamo sposati, abbiamo due bellissimi figli e un mutuo da saldare in vent’anni.
Maledetto demonio!!!