domenica 31 agosto 2008

LE FIGLIE

Nate dalla terra…
Siamo in poche ormai.
Prima che arrivassero gli uomini eravamo migliaia. Cantavamo insieme a nostra madre, canzoni d’amore a sorella Luna. Poi guardavamo il mare, bevendo i colori del tramonto.
Oggi continuiamo a nascere, ma non siamo più le stesse.
Selenio, mercurio, bario… liquami che filtrano attraverso l’epidermide, trasformando i nostri corpi.
Rimaniamo nascoste.
Vi osserviamo.
Sogniamo di riprenderci quello che ci avete tolto.
Le infezioni hanno alterato i nostri poteri. Alcune di noi possono innescare il cancro nei vostri organismi.
È crudele, ma è l’unico modo per riportare l’equilibrio.
Il tempo delle Figlie è arrivato.
Addio uomini.

sabato 30 agosto 2008

IL DIAVOLO IN ME

Cosa si nasconde dietro quella porta?
Lui.
Mani ghermenti, sudore rancido, petto villoso, alito alcolico.
Mio padre.
La forza bruta che afferra, piegando al suo volere.”Piccina, vieni qua. Tuo padre ha bisogno di coccole…”
No, quello è stato tanto tempo fa. Adesso dietro la porte c’è lei, la donna che sono diventata. È venuto il momento di farle visita. Si, proprio adesso, mentre punta quella nove millimetri alla testa del fottuto bastardo.
È una brava persona. Non lo farebbe mai…
…almeno che non le dia una mano io.
“Ciao bambina, ti ricordi? Ti ricordi quello che ci ha fatto?”
Uno sparo!

HELIX NEBULA

La guerra tra Entropici e Astromanti andava avanti. I primi desideravano accelerare l’avvento del Grande Collasso, la chiusura definitiva di questo universo e delle sue leggi. I secondi cercavano di contrastare questo assurdo progetto. Perché la fine è sempre anche l’inizio di qualcosa. Il regno dell’oblio…
Pensava a tutto questo Tielsin, Grande Astromante delle dieci città. Aveva aperto un varco per Helix Nebula, la nebulosa pulsante. Attraverso questa finestra stellare poteva comunicare con gli altri maghi.
Gli apparve il volto di Rami, fratello di voto.
«Eccomi!»
Tielsin guardò il suo fedele compagno.
Gli disse: «Preparati. Stanno arrivando...»
Poi venne il tuono.

giovedì 28 agosto 2008

I MAI-NATI

“Saturno nasconde il segreto, la profezia del quarto anello…
Quando ascolterai questo canto, io sarò lontano, laggiù dove lo spazio si piega e il tempo diventa illusione. La notte in cui ci amammo mi apparve in sogno Madya, la cometa fantasma. Il presagio aveva messo radici nei miei lombi. Trova nostro figlio e riuscirai a leggere il quarto anello, il segreto che spezza l’Entropia.”
Tielsin smorzò la canzone di Andromeda. La galassia aveva parlato con la voce della sua amata Kryna.
L’astromante soffocò un grido d’angoscia.
“Nostro figlio…” sussurrò.
L’universo è un gioco di specchi. I “mai-nati” dimorano tra le stelle.

martedì 26 agosto 2008

POPFACE

Suzanne...
Perché non parli...?
No, cazzo… certo che non parli. Adesso non parli più, stronza.
Ti ho amato, certo. Mi guardi con questo assurdo interrogativo negli occhi… Certo che ti ho amato… altrimenti non ti avrei ucciso!
Quella bocca, quel sapore. Fiori spezzati. Maledetta.
Chissà quante volte ti ho baciato, mischiando la mia saliva con i cazzi che hai succhiato…
Suzanne…
Cattiva, ma bella.
Mi diletto con pezzi di te. Che ne devo fare? Vuoi fare un ultimo bagno nel mare? Magari dentro quel sacco di plastica, che ne dici?
Chissà quanto avrai da pensare, laggiù negli abissi. Vero amore?
Cattiva…

MANICHINI

Affogo nella tua bellezza...
La tua pelle perfetta, così liscia, candida. Una forma divina fatta di valli e colline, insenature e pianori, grotte e foreste. Il tuo corpo è un’ode a madre natura, riflesso della divinità che in te alberga.
Io che combatto il tempo, assurdo nemico di quelle valli e di quei golfi, respiro i tuoi profumi per un’ultima volta, prima di consacrarti all’eterno.
La calce bolle già.
Stai tranquilla. Ti ricoprirò solo quando la temperatura sarà quella giusta. Non farei mai del male alla tua pelle.
Non piangere. La colata è una liberazione, credimi.
Tra poco sarai…
…per sempre.

domenica 24 agosto 2008

DEMONE

L’evocazione non é mai una chiamata. È una trasmigrazione.
Il sacrificio non è un dono, ma una prova.
L’oblio non è una discesa negli inferi, ma la preparazione dell’anima all’avvento.
La lama penetrò nel gracile corpo della fanciulla come un ferro rovente nel burro. Lei rimase immobile, vinta dalle droghe che aveva in circolo.
Percepii il calore del sangue sul dorso delle mie mani. Annusai l’acre odore degli incensi propiziatori. Udii il fuoco che ardeva nei bracieri. Vidi un'oscurità aliena oltre le palpebre che chiudevano i miei occhi. Ero pronto.
Insieme al respiro svuotai la mia anima.
E allora lui venne.

sabato 23 agosto 2008

UNA PRIGIONE NEL CIELO

Il volo fu una caduta. Dalle soffici nuvole alla dura terra.
«Il tuo è stato un gesto folle« disse uno dei due angeli.
«Vieni, ti riportiamo su…» continuò l’altro.
L’uomo guardò le creature che si libravano sopra di lui.
«No, lasciatemi stare. Preferisco questo dolore lancinante alle false promesse del vostro paradiso.»
«Che cosa dici?«
«Come osi?»
Ma l’uomo stava già disgregandosi nella terra, tornando ad esserne parte.
La caduta era stata un volo, più leggiadro di quello di qualsiasi angelo. Ma nell’assurdo disegno di quel dio solitario, nessuno riuscì a vederla come tale.
Dall’inizio del tempo l’uomo libero è solo.

LA CACCIA

La luna brillava già alta nel cielo buio.
Il Gufo era appollaiato tranquillo sulla grande quercia. Ai suoi piedi c’era un intenso brulicare di vita notturna.
Aprì il becco come per assaporare l’aria fresca della notte. Poi lo vide. Comparve all’improvviso. Minuscolo, indaffarato come solo un piccolo topo campagnolo può essere. Era intento nella sua affannosa ricerca di cibo.
Lo scrutò attentamente mentre annusava l’aria alla ricerca di invisibili pericoli.
Aspettò che finisse di rosicchiare il suo gustoso seme di grano. Immobile, ogni piuma vibrante in attesa del momento giusto.
Non si udì nessun suono. Solo gli artigli affondati nella carne.

venerdì 22 agosto 2008

VECCHIE SCARPE

Buio.
E’ sempre buio qui dentro.
Ahi il mio povero tacco mi fa malissimo in questa posizione… e poi quel laccio, se solo potessi grattarmelo un po’.
Senti quest’altra come russa! Sembra una vecchia porta .
Uh e questo cos’è??? NOOOO un buco!!! Te lo credo che ne hanno prese un paio nuove.
Ehi ma… che succede?!? Stiamo cadendo? La scatola si sta aprendo… E questi chi sono?

“ALE! ALE! Guarda ho trovato le scarpe per il costume da carnevale..”
“Grande Ari… troppo belle davvero, sono perfette. Dai prendile.”

…Non me la ricordavo così luminosa la luce del sole.

giovedì 21 agosto 2008

COLLISIONE

Velixia scostò la grande tenda che ricopriva il lucernaio. La volta celeste si distese ai suoi occhi, il grande libro della conoscenza. Lassù tutto era scritto; passato, presente, futuro. Per millenni gli uomini lo avevano ignorato, distratti dalla scienza e dalla tecnologia, incapaci di codificare i segni del cielo, come avevano fatto per secoli i loro progenitori. Solo dopo le grandi guerre erano tornati a leggere gli astri, scoprendone l’immenso potere.
L’astromante Velixia cercò la collisione di due galassie, lassù nel Cane Maggiore. Poi evocò la loro musica; le spirali cozzanti.
Gli Entropici sarebbero rimasti fuori dalla città, almeno per stanotte…

VIAGGIO VERSO OVEST

I viaggi di notte mi sono sempre piaciuti. Muovermi mentre il resto della gente dorme mi da una bella sensazione. Poi l’aria fresca dal finestrino porta odore di mare. Accanto a me C'è lei. Sta riposando. È così bella nel suo sonno tranquillo, così indifesa...vorrei poterla proteggere per sempre. Le scosto piano una ciocca di capelli dal viso. Non è perfetta o una bellezza mozzafiato ma per me è la più bella donna del mondo. Ecco si sta svegliando. Si stiracchia piano e sbadiglia come fosse una gattina. "ciao! Manca molto?" mi chiede piano. Le rispondo di no. E intanto all'orizzonte albeggia.

mercoledì 20 agosto 2008

API

Reiko non amava la gente.
Amava i fiori.
In giardino aveva una serra in cui passava intere giornate a coltivare e curare ogni specie di fiore.
Un giorno nella serra entrò un’ape. Reiko fece un gesto per scacciarla ma venne punta.
Perse i sensi e quando si risvegliò si trovò in ospedale. Accanto a lei un bel dottore la stava curando. Fu amore a prima vista.
Da allora Reiko ama molte più cose.
Ama suo marito che le ha salvato la vita.
Ama i figli avuti da lui.
Ama i suoi fiori.
Ma sopra ogni altra cosa Reiko ama le api.

martedì 19 agosto 2008

REQUIEM IN HAMMOND

Il Nosferatu muoveva le sue nodose falangi sui tasti dell’hammond, il B3 per essere precisi, accompagnato come si conviene dal Leslie 122. Il connubio è ideale per ottenere un suono morbido e rotondo, e abbandonarsi a dolci fraseggi Jazz. Alla creatura piaceva ricreare le atmosfere di Jimmy Smith, perdersi negli assoli acid, per poi riafferrare melodie classicheggianti in evidente sound progressivo.
La melodia volteggiava oltre la feritoia, perdendosi nella notte. Era il dolce requiem per la sua ultima vittima. Riversa sul freddo pavimento della torre, giaceva Gilda. Il Nosferatu le guardava la gola recisa, afferrando l’ispirazione.
Un lupo ululò alla luna.

sabato 16 agosto 2008

FULMINE

Sugli scalini della badia, vidi Fulmine che piangeva.
Il giorno dopo scoprii che si chiamava Franco. Lo diceva il giornale, ma io lo conoscevo da vent’anni, ed era sempre stato Fulmine.
Gli offrii un caffè, ma arrivati al bar ordinò due sambuche.
Parlammo un po’ dei vecchi tempi. Non stava bene.
«Sicuro che non ti va un caffè?»
«No, grazie. Magari un’altra sambuca…»
Il bar stava per chiudere. Mi parlò di sua figlia. Se l’era portata via la leucemia, due settimane prima.
Lo lasciai sui gradini della chiesa. Gli dissi: «Ci si vede!»
Ma entrambi sapevamo che avevo detto una bugia.

venerdì 15 agosto 2008

SEBASTIAN CLAW: Bob

Le fronde degli alberi, i rumori della città, una quarantaquattro magnum sulla scrivania accanto a un letto d’ospedale, un vecchio che farnetica sotto le coperte, il fetore della follia che aleggia nella stanza. Immagini di una scenografia ammorbata, l’overture che annuncia l’entrata in scena di creature idiote, dimoranti negli abissi del cosmo.
«Bob, ti ho portato quello che mi hai chiesto…»
Per un istante lo sguardo del vecchio divenne lucido. Guardò prima me, poi la cosa sulla scrivania, un oggetto di freddo metallo che risucchiava la luce.
«Grazie Sebastian. Grazie!»
Uscito dalla clinica accesi una sigaretta…
… e udii lo sparo.

giovedì 14 agosto 2008

TIELSIN

L’Entropico minacciò di distruggere il tempio con l’alito dell’antimateria. La Profetessa rimase impassibile, ossequiosa al disegno delle stelle. Ma l’Astromante parlò, attraverso la costellazione del Toro.
«Non osare aprire porte che non sarai capace di richiudere!»
L’ombra guardò le Pleiadi e sorrise.
«Tielsin, ti nascondi ancora dietro gli astri? Non sei l’unico a conoscere i segreti…»
Poi evocò un vento cosmico, lontano mille anni luce. La terra tremò, gli atomi saltellarono impazziti, in bilico tra realtà e sogno.
Tielsin piegò il tempo, tornando a capo della storia, salvando il mondo. Poi una scheggia di Rigel cadde dal cielo.
E l’ombra svanì.

PASSANO LE NUVOLE

La mia prigione ha un ritaglio di cielo. Si apre a due metri d’altezza, sulla parete opposta alle sbarre. Un televisore sul mondo di appena dieci pollici.
Vedo le nuvole passare. Le conto, le annoto, le studio. Ogni giorno passano una ventina di animali, soprattutto pecore. Paesi, nazioni, anche quelli geograficamente più complicati, come il Cile oppure l’Indonesia. A volte ho visto i volti degli attori famosi, o dei politici che mi hanno rinchiuso qua dentro. Uno spasso!
Ma i momenti migliori sono quelli in cui si affaccia il drago. È lui che mi racconta le storie.
Ne volete sentire un’altra?

mercoledì 13 agosto 2008

L'ULTIMA PROVA

L’arcidruido afferrò la mano del ragazzo. Nei suoi occhi vi leggeva dedizione, coraggio, forse determinazione. Poteva trasformarsi in avventatezza? Chissà…
«Un’ultima prova ti separa dal diventare druido. Sarai capace di andare contro la tua volontà per dimostrarmi quanto vali?»
La lama sacrificale passò di mano in mano. Il cerbiatto sacro si dimenava legato alla grande roccia, totem della foresta.
«Uccidilo!» ordinò il maestro.
La risolutezza divenne sgomento. Anni di studio e di sacrificio lo avevano condotto davanti a quell’assurdo quesito.
«No maestro. Se è questo ciò che mi chiedi, rinuncio alla nomina.»
L’arcidruido gli tolse il pugnale.
«Così sia, DRUIDO!« disse.

martedì 12 agosto 2008

L'ORSO MANNARO

L’orso mannaro si ciba di giovani Elenty. Bambini di dieci, dodici anni, scovati nelle Blasting Experiences, l’ultima moda della rete. Ai limiti della memoria-disco può succederti di tutto, anche venire replicato. Il doppione viene poi venduto al mercato nero. L’orso se lo sbatte nel suo deck schermato e ci gioca quanto gli pare. È a questo punto che incominciano gli incubi.
Sono più di un milione i ragazzi che si suicidano ogni anno a causa degli orsi mannari. È la nuova pedofilia, un mercato gigantesco, secondo solo agli armamenti.
Il mio lavoro?
Friggere qualche bastardo pervertito. Basta toccare i tasti giusti...

lunedì 11 agosto 2008

LA GRANDE SPIRALE

L’Astromante guardò negli occhi la sua amata.
«Al limitare della Vergine puoi evocare la musica di Malin-1, la Grande Spirale. Io dimorerò laggiù.»
«Non puoi lasciarmi…» la voce di lei era spezzata dal pianto.
«Ascoltami, io non ti lascerò. Oltre il miliardo di anni luce le distanze perdono significato. Capisci?»
Lei era ancora giovane. Non conosceva tali segreti.
«Cosa vuoi dire?»
«Ogni volta che volgerai lo sguardo in su, io sarò con te!»
Gli occhi dei lui si chiusero, ma nel cielo lampeggiò qualcosa. Lei lo cercò nell’abisso oscuro tra la Vergine e la Chioma di Berenice. E udì un canto.

EMORROIDI

Bella storia questa delle 101 parole, forse potrebbero bastarmi per raccontarvi di quella volta che mi vennero delle emorroidi cosi toste, che dovetti immergermi fino alla cintola nell’acqua ghiacciata. Maledette anacardi! Ma con la birra, vanno giù che è una meraviglia.
E poi c’era quell’adorabile cameriera del Charlie, Amanda si chiamava. Le offrii da bere, parlammo del tempo e di poesia. Era un amore, ma le piaceva strano, non so se mi spiego…
La portai a casa mia. Un paccaccio da sei di Tuborg, l’avanzo di Jack sullo scaffale. Poteva bastare…
Una notte da ricordare, anche solo per quelle stramaledettissime emorroidi!

sabato 9 agosto 2008

RIGETTO D'IDENTITÁ

Elisabeth, mi dispiace... Non so come spiegare quello che ho dentro. Tu lo sai quanto ho amato la vita, tu più di ogni altro. Perché sai chi sono, perché mi sei stata accanto, sempre…
Parlane col dottor Fergurson. La mia non è semplice apatia. So che è sbagliato, ma non posso farne a meno!
C’è qualcosa che ci sfugge riguardo all’Elenty. La gemella digitale sta sopraffacendo la sua generatrice. Insieme non sono in grado di coesistere, nonostante dimorino dentro due realtà separate.
È un richiamo urlato da ogni singola cellula del mio corpo. Mi stanno supplicando. Non posso resistere ancora… Addio!

BOLLA DI SAPONE

L’alito di un bimbo sorridente nasconde un’oncia di magia. Per questo motivo prendo forma e mi sollevo, volteggio presa per mano da una brezza, mi libro nell’aria e faccio festa. Con le altre ingaggio un girotondo, l’allegra danza, e se posso mi fingo perla di luce, oppure sfera di cristallo. Sono la figlia dell’incantesimo.
Una vita effimera certo, attimi fuggenti, le risa di un bambino, il sole che mi bagna ed io che lo rifletto, tatuandomi d’arcobaleno.
E poi sempre più su, verso le nuvole. Tre, quattro cinque metri d’altezza. Guardo giù e penso: “Volo!”. Ma è solo un attimo… puff!

venerdì 8 agosto 2008

LA MISSIONE

L’Entità Digitale trascende il fattore tempo, ma deve rimanere congelata per affrontare un’escursione cosmica. Settemila anni, andata e ritorno. Chi ci sarà ad aspettarmi?
Ricordo i tempi in cui gli astronauti viaggiavano sugli shuttle. La Stazione Orbitante, le missioni Cygnus e Trinity. Ero solo un ragazzo…
L’informazione navigherà su traiettorie che piegano lo spazio. Sarò la prima entità umana a lasciare la galassia, una manciata di dati cristallizzati alla ricerca di un codificatore alieno. Per evitare di perdere la gemella digitale, il mio corpo dormirà il più lungo dei sonni.
Dormirò. Sognerò. E al mio risveglio saprò dirvi se siamo soli.

VAFFANCULO VITA!

No, non ce la faccio.
Potrei ingannarvi… Ingannare… ancora una volta. No ragazzi, ho smesso di dire cazzate!
Il diretto per Roma è atteso per le dodici e trentacinque. C’è un’aria strana. Elettrica. L’afa delle ultime settimane se ne sta andando. Forse è il sentore dell’autunno. Chissà…
Il treno è una bella storia. Non so se mi spiego. Binari diritti, cilindri di metallo che sfrecciano per l’Italia, trasportando storie. Le nostre storie. Mi accendo una cicca… La mia ultima… che faccio? Lo faccio?
Ore dodici e trentadue. Inutile allarmarsi. La Trenitalia è sempre in ritardo.
Ma forse oggi… Ciuf-Ciuf!
Vaffanculo vita!

giovedì 7 agosto 2008

APPARTENENZA

La linea guardò il punto. Se fosse stata curva l’avrebbe raggiunto. Invece era retta, e continuò per la sua strada.
Il punto ci rimase male. La linea passava vicina a lui ma non lo comprendeva. Era da solo, su quel foglio sconfinato.
Poi una voce gli disse: «Non abbatterti. Guarda che non sei l’unico qui. Siamo in tanti!»
Il punto si volse e vide un altro punto uguale a lui.
«Ah si?» domandò.
«Siamo tutti pezzetti del grande cerchio.»
Allora il punto sorrise. Non poteva vedere il cerchio, ma si fece volentieri convincere di farne parte.
E così si credé felice.

mercoledì 6 agosto 2008

C'ERA UNA VOLTA DIO

C’era una volta Dio.
Fu inventato dagli uomini, e furono gli uomini ad ucciderlo. Perché in natura funziona così.
Il mondo era armonioso prima del loro avvento. Ogni creatura partecipava al disegno, rispettandone l’ordine, accettando i suoi compiti. Poi una cellula impazzita diede origine alla “Variabile Uomo”, un bizzarro algoritmo dell’Equazione Vita. Per autoalimentarsi di forza vitale e dare un senso alla loro esistenza, gli uomini introdussero nel disegno il “Valore Dio”. Per millenni aiutò a forzare l’equilibrio, fino al giorno in cui non servì più. Così lo eliminarono.
Oggi siamo tornati a danzare tutti insieme al cospetto di Madre Matematica.

LEI NON SA CHI SONO

Mi ha invitato a bere qualcosa. L’appartamento è grazioso. Mette su un po’ di musica, poi sparisce in cucina. Torna con due bicchieri e una promessa di letto.
Le tolgo i drink. La stringo. Le faccio scivolare una mano sotto la gonna. Ma la mano è già un tentacolo.
La penetro con l’estremità gommosa di quell’appendice. Adoro prendere forme nuove. Le leggo sorpresa negl’occhi. Le piace per un po’, poi soffoca un grido. Non capisco se di piacere o di paura.
Urla mentre affondo negl’intestini. Lei si dimena. Danza.
Finalmente raggiungo il cuore. Lo accarezzo. Lo afferro. Lo strappo.
Dormi, piccina.

martedì 5 agosto 2008

MUJINA

Il taxi si ferma proprio davanti al portone di casa. Scendo. Corro. La pioggia battente mi scivola addosso. È buio pesto, ma non ho bisogno di cercare le chiavi. Le ho in mano.
Entro. Tremo. Barcollo. I capelli bagnati sulla faccia. Scaravento per terra la borsa, il cappotto, le scarpe. Sento ancora l’odore di lui.
Raggiungo la porta del bagno. Le lacrime si mischiano alla pioggia, ma sulle labbra rimangono amare. Accendo la luce sopra lo specchio. Non posso guardare!
Rievoco gli abbracci, le carezze, il piacere. In un’ora mi sono giocata la vita.
Guardo su. Urlo. Dov’è il mio volto?

domenica 3 agosto 2008

NYARLATOTEP

Lo sentite questo suono? Che cos’è? L’occhio elettronico che legge grattando il disco rigido, oppure l’assurdo zampettio di uno sciame d’insetti, pronti a rovesciarsi fuori dal vostro processore?
Attraverso i secoli Egli ha indossato numerose maschere, giocato molti ruoli. È stato un uomo sfuggente dalla pelle olivastra, un essere alieno con appendici artigliate e un unico osceno tentacolo al posto del volto, un mostro nero e alato, provvisto di un solo occhio vermiglio.
Nell’era informatica non poteva manifestarsi altrimenti. Egli è il messaggero, il baco sottile che s’infiltra, moltiplicandosi, conquistando, estirpando, mietendo…
L’e-mail è stata lanciata. Presto sarà insieme a voi.

ESTATE MILLENOVECENTO...

Hiromi era seduta sulla spiaggia deserta.
Toshi le stava accanto. Il sole era rosso all’orizzonte, pronto a tuffarsi nel mare.
“Domani finiscono le vacanze estive.” Disse Toshi.
“Già… torni in città domani mattina?”
“Si.”
Rimasero zitti. Solo le onde del mare rompevano il silenzio.
“Mi scriverai?”chiese Hiromi.
“E’ ovvio!!! Potrei prendere il treno e venirti a trovare se vuoi.” Rispose Toshi.
“E’ una buona idea…” disse Hiromi continuando a guardare il mare.
Rimasero lì finché il sole non sparì del tutto all’orizzonte.
“Senti, ti va un piatto di ramen?”domandò Hiromi.
“Perché no.” Toshi sorrise e l’aiutò ad alzarsi. “Dai offro io.”

sabato 2 agosto 2008

SPARITO!

“Tempo previsto per il raggiungimento dell’atmosfera esterna del pianeta; due minuti e cinquantasette secondi”.
Dalla cabina di comando il capitano osservava impassibile l’approssimarsi di quella terra aliena. Al suo fianco sedeva il Mentale, l’ombra della sua coscienza.
Secondo i dati del calcolatore quella terra, sconosciuta alle carte celesti, poteva salvarli. L’impatto con un oggetto fuori orbita aveva causato la perdita delle riserve di ossigeno. La loro unica speranza era un atterraggio di emergenza.
Mancavano sedici secondi all’entrata nell’atmosfera quando il pianeta svanì.
«È sparito!» disse incredulo il Capitano.
«Siamo spariti noi» rispose il Mentale, attribuendo un altro significato a questa storia.

IL SONNO DI HACHICO

Hachico adorava stare seduta nel suo giardino sotto il grande ginko. Ormai da tempo i figli se ne erano andati da casa. Quella casa troppo grande per una vecchia signora sola.
In un caldo pomeriggio estivo Hachico aspettava la visita, ormai divenuta rara, dei figli quando un grande gatto le si avvicinò facendo le fusa.
“T-chan? Sei tu?”
“Miao!”
Hachico chiuse gli occhi e un mare di ricordi, sogni, gioie e dolori la investirono mentre il vecchio gatto le saliva sulle ginocchia.
Quando i figli arrivarono a casa trovarono la madre sotto l’albero finalmente serena. Sulle ginocchia un vecchio gatto acciambellato.

venerdì 1 agosto 2008

L'ALBERO DI PERE

Il ruscello divideva il bosco. Sul lato ovest viveva l’orco Nando, su quello est suo cugino Lando. Ma l’albero di pere (le più succose di tutto il paese) vi cresceva proprio nel mezzo. Le radici affondavano da una parte, il tronco pendeva sul ruscello e le fronde piene di frutti ricadevano sull’altra sponda. Poiché i due orchi erano parenti non potevano farsi guerra, ed ignorando la matematica, non erano in grado di dividersi le pere. Perciò le guardavano marcire, e per sfogarsi terrorizzavano il paese.
Un dì venne un castoro col mal di denti che, abbattendo il pero, salvò il mondo.