domenica 28 febbraio 2010

CYBER LOVE

Quella community era la sua droga sintetica.
Cercò il viso di lei, tra le icone che risultavano on-line.
Le affidò il controller del suo biostimolatore.
Voleva raggiungere ancora una volta l’estasi, come e più di ieri.
Lei conosceva il codice d’accesso per entrare nel suo canale beta.
I capezzoli, illuminati da un fascio di led, s’inturgidirono di fronte a particelle di memoria.
Le carezze divennero sempre più ardenti grazie agli elettroni.
L’amplesso era pronto, celato dietro ad ombre d’identità.
I corpi iniziarono a fremere, fino a consumare l’orgasmo davanti alla luce dello schermo.
La notte scorreva immobile, sorseggiando bicchieri di silenzio.

MAGNETOTERAPIA

Cosa si cela dietro quello sguardo dolce, triste, curioso, pulito?
Pensieri obliqui.
A volte destabilizzanti.
Quegli occhi provocano un effetto calamita.
Impossibile disattivare il comando, una volta innestato.
E’ quella diversità che lo ha attratto, quel suo essere controcorrente.
Allora accade, come per incanto, che lui voglia superare i limiti fisici tradizionali, i consueti parametri di riferimento spazio-temporali, e si ritrovi dentro un vortice cinetico.
Un labirinto psichedelico, che ottunde la mente.
La sinapsi sembra impazzita, trasmette viaggi emozionali che percuotono la carne, che diventa un tutt’uno col cervello.
Ogni giorno, in silenzio, la osserva.
Intimorito ed attratto.
Affascinato ed esitante.

giovedì 25 febbraio 2010

L'ATTESA

L'uomo portò la sigaretta alle labbra, estrasse lo Zip ed assaporò il tepore del fumo scaldargli la bocca.
Ormai aspettava la ragazza da due ore e cominciava a pensare al classico bidone; in fondo non la conosceva che tramite facebook e l'appuntamento poteva esserle parso alquanto affrettato.
Secondo l'organizzazione, sarebbe sicuramente venuta, la sua fame d'amore era più forte di tutto il resto.
Finalmente, poco dopo il calar del sole arrivò tutta sorridente, si presentò.
Precedette l'uomo che estrasse la pistola e la freddò con un colpo alla nuca.
Talvolta è difficile lavorare per il Mossad!

INSONNIA

Silenzio.
Per coprire il frastuono di rumori inutili, delle grida, delle urla di rancore, di porte sbattute con violenza.
Non è un caso questa calma che cerco di notte, per annullare quei rumori strani e martellanti che violentano le mie giornate, generati dall’indifferenza.
Ritorno alla vita nell’oscurità, dialogo con i sentimenti, sommessamente.
Una luce fioca illumina pareti bianche, dimora di spiriti benigni, dove la semplicità si espande e si accentua.
La sedia sfitta mi osserva.
Vi accomodo silloge, vuoto che si riempie d’immenso, mentre fuori lacrime di pietra diffondono suoni che leniscono e dissetano.
Amo, nelle mie ore chiare e fannullone.

martedì 23 febbraio 2010

SOSTA VIETATA

“Sì, sono io. Vado a prendere mia mamma ed arrivo.”
Appoggiò la cornetta, staccò la spina del ferro da stiro, afferrò la borsa e le chiavi.
Quindici minuti dopo parcheggiò in divieto di sosta.
Non c’era un posto a pagarlo oro, non c’era tempo per aspettare o cercarne un altro.
Più di tanto non si preoccupò, era domenica.
L’ascensore le portò al quarto piano, suonò il campanello, si annunciò, le accolse il medico che, questa volta, le condusse in una saletta appartata.
Un lenzuolo bianco copriva il rigor mortis.
Tornarono all’auto, vide un foglio rosa sul parabrezza ed il vigile dileguarsi.

venerdì 19 febbraio 2010

DEA

Dea chiuse la porta e ci si poggiò con le spalle: ad occhi chiusi pensava a Gian che, dall'altra parte, attraversava il vialetto. Lo immaginava stretto nel suo cappotto che tremava dal freddo. Avevano parlato a lungo prima di accomiatarsi. Le aveva chiesto di sposarlo ma gli aveva detto no: non poteva farlo poichè le aveva tenuto nascosto il suo segreto. Per Dea questa cosa era inammissibile. Non le importava quanto piccola o grande fosse la bugia: l'uomo che doveva essere suo marito non le doveva mentire. Così si erano detti addio, anche se lei sperava fosse solo un arrivederci.

mercoledì 17 febbraio 2010

LÀ DOVE IL TEMPO MUORE

C'era una volta...
“Cosa significa, nonno?”
...ehm, è la forma passata del verbo “essere”, usata dagli uomini in tempi antecedenti la grande migrazione. Oggi il tempo non esiste più e perciò questa forma è scomparsa, ma per potervi raccontare una storia di quel periodo devo per forza coniugare i verbi al passato e anche al futuro. Prestate attenzione e cercate di seguirmi.
“Va bene nonno...”
“Quanto è strano il nonno...”

Ai confini dell'universo, là dove il tempo muore, l'intera umanità viaggia su delle scie di luce, in forme filamentose di dati. L'estremo tentativo di ingannare la morte.

lunedì 15 febbraio 2010

LIPS OF AN ANGEL

Facemmo l'amore tutto il pomeriggio e così ci addormentammo abbracciati tra le lenzuola di seta. Quando mi svegliai era lì che dormiva, bella, con i suoi capelli biondi e col suo viso angelico. Le guardavo le labbra su cui, durante il pomeriggio, avevo indugiato più volte. Mi piaceva baciarle, mordicchiarle ed ora avrei ricominciato per perdermi nei suoi baci. Continuavo ad osservarla, come si guarda un bimbo che dorme beato, accarezzandola delicatamente, evitando di svegliarla: d'un tratto aprì gli occhi e, come se mi avesse letto nel pensiero, mi disse "baciami ancora, stupido" e ricominciammo a fare l'amore.

sabato 13 febbraio 2010

IL CASSETTO DELLE MERAVIGLIE

Una doccia calda, per lavare l’odore del vomito di Marco.
James Brown a tutto volume, per scordare i suoni emessi dalla bocca del marito, demente da cinque anni a causa di un ictus.
La crema cosparsa sul corpo nudo, davanti allo specchio.
Mara era ancora tonica per i suoi cinquantadue anni.
Una vedovanza non anagrafica, dettata dalla sua educazione.
Si stese a letto, lesse un quotidiano, ma subito le venne a noia.
Accese il televisore, fece zapping fino a quando si fermò sull’emittente che trasmetteva Sex and the city.
Aprì il suo cassetto delle meraviglie.
Le serie televisive, a volte, insegnano.

venerdì 12 febbraio 2010

STRAPPO CORRETTIVO

Rudy aveva deciso di chiudere.
Senza un motivo, con mediocri bugie.
Nadia accettava la fine, non il suo comportamento.
Quel giorno decise di telefonarle, facendo violenza su se stessa.
“Ciao Francesca, non mi conosci, sono la penultima che ha scopato col tuo compagno. Dove e con chi credi sia adesso? In ufficio, col suo capo? In macchina con la sua ultima amante! Non stanno parlando di bilancio né di budget. Non mi credi? Vieni a controllare.”
Scese dall’auto di lei, le spalle curve, il volto cereo, spogliato della consueta spavalderia. Un cane al guinzaglio, che Francesca strattonava nel tragitto verso casa.

mercoledì 10 febbraio 2010

QUANDO LA VITA FA SCHIFO

- Che freddo!
- Dai, non ci pensare...
Lavoravano da ore nel camion del pesce surgelato, Gianlu' e Doddo, amici per caso, entrambi vicino ai quaranta, moglie e figli per il primo e uno sporco vizio per il secondo. La crisi aveva bussato alle loro porte senza preavviso, lasciandoli entrambi senza lavoro. Unica alternativa, il mercato del pesce sull'autostrada. Persici del lago Vittoria comprati con le armi e orate prodotte in serie...
- Ho le mani congelate!
- Meglio le mani che il pisello...
Dal camion provenne una risata squillante assolutamente fuori luogo. Perché la vita, soprattutto quando fa schifo, riserba sempre qualche bella sorpresa.

… come se tutto si esaurisse in una curiosità supplementare...

Roberta si irrigidì.
Anna approfittò di un saluto per spostare il viso e sfiorarle le labbra.
La considerava solo un’amica, per Anna non era così: le inviava centinaia di e-mail e sms, dall’alba fino a notte fonda.
Un no, deciso ma garbato, cui Anna aveva risposto così: “Voglio confidarti un’ultima cosa. C’è stato qualcuno (persona che stimo) che mi ha indotto chiaramente all’inizio della nostra conoscenza a tenermi molto alla larga da te, dicendo delle cose non proprio carine sulla tua persona ed anche sulla tua visione perversa e pazza del sesso (in questo caso verso gli uomini, se può consolarti).”

martedì 9 febbraio 2010

IL LENIMENTO DI MORFEO

"Mamma, che fa quell'uomo lì dentro?"
"Dorme, tesoro"
"Perchè è stanco?
"E' un vigilante, ha lavorato tutta la notte e adesso si riposa un pochino, capito?"
"Ma allora ha la pistola!"
"Si, tesoro, ha la pistola!"
Un uomo, col capotto nero dall'ampio colletto, aveva assistito alla scena; un sorriso sardonico comparve sulle sue labbra pensando al vigilante che dormiva il suo sonno eterno. Era tornato sulla scena del delitto per vedere la sua vittima: quell'uomo che poche ore prima l'aveva fermato mentre picchiava la sua donna.
Ma ora non lo avrebbe più interrotto e questa volta per sempre.

lunedì 8 febbraio 2010

MICHELA E I SUOI GATTI

Cosa restava della fine di un amore?
Una tuta da casa azzurra, resa informe dall’uso prolungato che ne aveva fatto.
Un viso tirato, circondato da capelli che avrebbero gradito uno shampoo.
Due gatti persiani, le loro ciotole disseminate in giro per casa, i loro peli sparsi ovunque, persino tra le lenzuola matrimoniali.
Avevano occupato il posto che un tempo lui riscaldava.
Cornici d’argento circondavano le foto del matrimonio, emanando una luce che da anni, ormai, si era spenta.
L’aria era ferma, un silenzio avvolgeva tutto, interrotto, talvolta, dallo scatto del bruciatore.
Quello era l’unico rumore che scandiva lo scorrere del tempo.

lunedì 1 febbraio 2010

LA MAESTRA

Rosaria Vallin, così si chiamava la mia maestra di scuola.
Ricordo come fosse ieri la mattina in cui fece la lezione di geografia. Parlammo di quei paesi del Corno d'Africa dimenticati da dio. Non che dio c'entrasse qualcosa, intendiamoci... Alzai la mano timida dall'ultimo banco in fondo alla classe.
- Qual'è la ragione di tutta questa povertà? - chiesi ingenuamente.
Allora lei sorrise gentilmente e ci spiegò delle colonie, della suddivisione degli stati dopo la guerra e di tutte le ingiustizie perpetrate dall'uomo bianco.
La sera stessa decisi cosa avrei fatto della mia vita, anche se non sapevo neanche cosa volesse dire "bombarolo".

PASSO FELPATO

Indisturbato si aggirava nella casa mentre tutti dormivano tranquilli. Sapeva che avrebbe conquistato il suo tesoro; bastava solo non fare rumore. Con passo felpato, passo felino, si avvicinò alla cucina. Più per abitudine che per vero pericolo, si guardò intorno prima di entrare: pochi passi lo separavano dal ricco bottino. Poggiato sul tavolo vicino ad un piatto c'era il portafoglio e accanto una busta, il mensile per l'affitto. Dalla busta un forte odore di pesce, lo stesso che era nel piatto in porcellana. Leccandosi i baffi, il gatto tigrato fuggì col pesce tra i denti per poi gustarselo segretamente.