mercoledì 11 luglio 2012

CAPRICCI

Il bambino lasciò cadere il suo secchiello pieno di sabbia e incominciò a strillare con le lacrime agli occhi. Il padre lo osservò per alcuni secondi prima di andarlo a consolare. Alle bizze non aveva mai dato troppo peso. Nel suo modo di vedere le cose da “grande”, i capricci erano quelle reazioni insensate che gli adulti avevano l'onere di correggere. Invece questa volta vide qualcosa che lo lasciò interdetto; il bambino era totalmente immerso nella vita presente. Poteva la bizza di Matteo essere più reale dei continui flussi di pensiero che attraversavano anche in quell'istante la mente del padre?

venerdì 23 marzo 2012

MOMENTO

Le cose non vanno così bene...
Sul tavolo del soggiorno un mucchio di lettere ancora chiuse e diligentemente impilate una sull'altra mi ricorda il mio conto in rosso. Sul frigo c'è ancora il post-it di Mirella con sopra una sola, esauriente parola: “Addio!” Il cordless intanto lampeggia rosso, segno che ci sono dei messaggi in segreteria che non mi va di ascoltare.
Rimango in giardino, col sole di marzo che mi accarezza la faccia, e un bicchiere di rosso che richiama dolcemente la mia attenzione. Ci siamo solo noi due in questo istante, il bicchiere ed io. Poi si vedrà...

lunedì 5 marzo 2012

A STRANGER ME

I cosmetici servono all’umore, più che al viso. Spalmi quel che devi, la tua faccia non cambia. Però acquista un tono migliore: tanto ti basta per affrontare la giornata.
Ma stamattina non ho visto me stesso nello specchio. C’era un’altra persona, proprio. Sul momento ho pensato fosse uno scherzo organizzato da quelli dell’albergo. Sensazione assurda: finisci di sputare nel lavandino, alzi gli occhi e vedi un tizio sconosciuto. Proprio dove dovrebbe esserci il tuo bel viso. Roba da film dell’orrore o da crisi di identità. Ringrazio il phon che mi ha permesso, al volo, di spaccare lo specchio in mille pezzi.

venerdì 2 marzo 2012

IL CASO ARTHUR FINDLAY

Il direttore dell'Hotel Flora, rinomato albergo del litorale, mi contattò una mattina di luglio. Nel pieno della stagione, solo quattordici delle novantatré camere erano occupate, a causa dei cinque decessi avvenuti in rapida successione negli ultimi mesi. La polizia li aveva archiviati come suicidi, tutti avvenuti nei bagni dell'hotel, ma il direttore non credeva alle coincidenze, così contattò l'ultimo vero investigatore privato della costa; io.
Fu così che conobbi Arthur Findlay, pluriomicida, rilasciato due mesi prima dall'istituto per malattie mentali. Aveva preso alloggio nella camera 406 senza mai lasciarla.
Adesso dimorava negli specchi dell'hotel, e continuava il suo lavoro di morte.

venerdì 3 febbraio 2012

L'ULTIMA VOLTA

Quella mattina, il freddo era così pungente che entrava nelle ossa e risvegliava i reumatismi di Freddy che, seduto nel suo taxi, rimaneva in attesa. Alle 5.30, le luci di fanali e semafori erano l'unica compagnia. Dal parabrezza appannato, intravide una donna che goffa incedeva nella sua direzione: si piegò, raccolse qualcosa e poi bussò sul finestrino e disse "... questo è il tuo orologio? ...è rotto, non funziona." Freddy l'aveva riconosciuto, era suo. Non si era accorto di averlo perso. L'orologio che fissò l'ora della sua morte per il gas di scarico, in circolo, all'interno dell'abitacolo.

mercoledì 11 gennaio 2012

RUMORI

La notte era particolarmente fredda, il fruscio della neve che cadeva soave sul tetto era stato particolarmente conciliante e tutti erano caduti in un dolce sonno; soltanto i rumori provenienti dal soggiorno avevano rotto quel silenzio. Aprì il cassetto e prese la calibro 9, si accertò che fosse carica. Fortunatamente tutti dormivano, russavano anche i bambini. In punta di piedi raggiunse il salone, nella penombra intravide una figura che stava rovistando fra i regali sotto l'albero. L'ombra si alzò bruscamente... la calibro 9 fece fuoco! All'arrivo della Polizia il corpo di Babbo Natale giaceva riverso in un lago di sangue.

lunedì 16 maggio 2011

IL RITMO DELLA VENDETTA

“Che cos’è il tempo se non la misura delle nostre paure”.
In silenzio ascolto il suo ritmo avanzare, incalzato dal rintocco del mio cuore.
Seguo i suoi movimenti attraverso l’ipnotico dondolio dal pendolo che da sempre osserva il mondo da un angolo del salotto. Lo sento, lo vedo, e a ogni suo passo emerge quella parte della mia anima celata da un patto da tutti dimenticato.
“È ora. La mia vendetta si compirà! Trema uomo, perché darò vita alle tue più profonde paure. Ti concederò il solo privilegio di ascoltare il tuo tempo scorrere attraverso il lento battito del tuo cuore.

mercoledì 20 aprile 2011

IO SONO IL TEMPO

Io sono il tempo e tu non potrai fermarmi. Non ci provare neanche, è solo tempo sprecato, e a me non piace che mi si sprechi. Ci hanno provato in tanti a rallentarmi, alcuni volevano addirittura ingannarmi, ma io ho riso loro in faccia. Mi facevano davvero sbellicare... E adesso tu mi dici che è tutta colpa mia, che sono spietato, che sono il tuo peggior nemico. A queste tue accuse non posso che risponderti con una risata più forte, perché tu capisca che non sono io il tuo problema. Non sono il problema di nessuno. Io sono solo il tempo.

giovedì 7 aprile 2011

L'EMBOLO BIRBONE

Riusciva a tornare indietro nel tempo con un software di sua invenzione. Il primo milione di euro lo tirò su con le scommesse on-line, facendo sempre molta attenzione a non destare sospetti e attribuendo le vincite ad identità fasulle. Aprì diversi conti correnti in paesi che facevano poche domande e agevolavano il pagamento delle tasse. Divenne miliardario in poco più di tre mesi, che passò quasi interamente seduto davanti al computer. Da qualche giorno si era prefissato un traguardo, l'aggiunta di altro zero al suo patrimonio. Poi avrebbe smesso, si era detto.
Peccato che un embolo birbone gli tolse quell'ultima soddisfazione.

giovedì 31 marzo 2011

VISITA IN OSPEDALE

Dal mio letto d'ospedale dischiusi gli occhi e guardai alla mia sinistra, dove la luce abbagliante di un nuovo giorno penetrava con forza dalla finestra. Una figura scura, con indosso un cappotto pesante, sedeva sulla sedia, il volto nascosto nell'ombra. Mi chiesi, ancora prima di chi fosse, come riuscisse a rimanere vestito nell'aria soffocante di quella stanza.
- Chi sei? - gli chiesi con un filo di voce. Il silenzio era rotto solamente dai bip costanti dell'elettrocardiografo. Lui rimase immobile ed in silenzio per un tempo indefinibile, una sagoma scura sullo sfondo del cielo. Poi finalmente rispose: - La tua paura.