giovedì 30 dicembre 2010

CAPODANNO AL BAR

Ancora quattro ore e anche un altro anno se ne andrà: un anno strano e particolare. Un anno fatto di gioie e dolori, di disperazioni e soddisfazioni. Un anno che non avremmo voluto vivere, un anno che avremmo voluto trascorrere il più velocemetne possibile. Un anno di certezze ma anche di tante, troppe incertezze.
Ancora quattro ore e poi sarà di nuovo l'inizio di un anno nuovo. Magari diverso o magari no!
Seduto al tavolo di un anonimo bar, brinderò tra me e me, al suono di un blues d'altri tempi, all'anno che verrà e chi vivrà vedrà!

martedì 28 dicembre 2010

AMANDA

Quando ripenso ad Amanda mi lascio ingannare dalla convinzione che non abbia minimamente sofferto. Certamente non si aspettava di finire così…
Ci siamo frequentati per nove mesi come una coppia normale, con le uscite del sabato e della domenica, il cinema del mercoledì a metà prezzo, le vacanze al mare e i finesettimana in campagna dai suoi. Avevamo anche deciso di bruciare qualche tappa… beh, a lei non sarebbe dispiaciuto che la portassi all’altare.
Una sera di ottobre mi prese una strana voglia. Mentre stavo sopra le chiesi di girarsi. Lei obbedì, ma non si aspettava le mie mani sul collo.

lunedì 27 dicembre 2010

IL TERAPISTA

Mirella veniva da me ogni venerdì pomeriggio, dopo il corso di danza. La facevo accomodare sul divano, mentre io rimanevo dietro la scrivania ad osservare dalla finestra i platani del viale. Mi parlava del lavoro che odiava, delle amiche gelose e del suo uomo che la tradiva. Alla fine della seduta scoppiava sempre a piangere, ed io accorrevo all'istante coi fazzolettini. La consolavo parlandole dei suoi progressi, poi fissava un nuovo appuntamento con la mia segretaria.
Sullo stesso divano, una sera di giugno, Mirella ed io facemmo l'amore. Non fu un gesto professionale, il mio, ma la feci sentire subito meglio.

domenica 26 dicembre 2010

PAPÀ NOEL

Sdraiato sul letto ascoltava le grida giocose dei ragazzini che continuavano a rincorrersi nella neve, mai era riuscito ad amarli come in quel momento.
Iniziò a ripensare alla propria infanzia, l'albero addobbato, il presepe, l'attesa dei regali poveri ma sempre graditi.
Una sensazione di intensa felicità lo pervase improvvisamente, provò ad alzarsi per guardare fuori dalla finestra, magari per vedere qualche faccia di bambino, splendente nel riflesso candido della neve fresca.
L'atmosfera serena lo avvolse magicamente in quella festosa serata; le grida aumentarono di intensità: pallate di neve, nasi rossi, primi amori.
Proprio mentre intorno a lui la gioia raggiungeva il suo apice, dolcemente, spirò.

lunedì 20 dicembre 2010

...E NON CI INDURRE IN TENTAZIONE

Seduta a tavola con sua madre, Eva non aveva toccato cibo ma silenziosa guardava il piatto, stringendo a sè un peluche. D'un tratto anticipando la mamma che stava per rivolgerle la parola le chiese:"Mamma, io ho peccato?".
"Che cosa scusa?", chiese la mamma.
"Mi hanno detto che ogni giorno commetto un peccato e che, per questo, devo fare penitenza. Ma è vero mamma?"
"Bè, in un certo senso sì, è vero. Tutti cediamo e ci abbandoniamo, per debolezza, al peccato cercando una felicità che alla fine è solo un illusione. Così ci pentiamo oggi della nostra trasgressione per poi domani ritornare a peccare".

sabato 18 dicembre 2010

NATALE

Si divertiva davvero troppo a giocare con quelle piccole creature; spruzzar loro addosso sottili gocce d' acqua ghiacciata era uno spettacolo spassosissimo!
Il formicolio aumentava sempre più, come impazziti i piccoli esserini scorrazzavano dappertutto abbandonando quelle ridicole scatolette di metallo con cui erano soliti spostarsi.
Molti scivolavano e cadevano miseramente a terra imprecando ed offendendolo, ma lui non se ne curava e continuava a tritare cubetti di ghiaccio.
Improvvisamente la voce di suo padre lo redarguì:- "Smettila, ci ho messo ben sette giorni a costruire quel plastico!"
-"Uffa babbo, non è giusto!" egli rispose:
-"Almeno per il mio compleanno lasciamici giocare!"

lunedì 13 dicembre 2010

VENDETTA

Lui l’aveva legata al vecchio radiatore della cantina, buia e odorante di muffa. Le aveva fatto mangiare carne in scatola e cioccolatini avariati. L’aveva terrorizzata con le gabbie dei ratti, col rumore del trapano puntato alle tempie e con le tenebre opprimenti di quella prigione. Davanti a lei si era masturbato fino allo svenimento, ma non l’aveva neanche sfiorata. Non poteva. Non ci riusciva…
Durante i settantatré giorni di prigionia lei ebbe solo un’opportunità, e non se la fece sfuggire. Mentre eseguiva il suo ultimo gioco, gli tolse dalle mani il trapano e senza esitare ridusse in poltiglia la sua faccia.

venerdì 10 dicembre 2010

LA FABBRICA DI MANICHINI

Mara era bella e prorompente. Esausta per il lavoro notturno in fabbrica, beveva un caffè della macchinetta. Dal bagno degli uomini vide uscire l'uomo delle pulizie: un tipo tarchiato e viscido. Rapida, per evitare di incrociarlo, si diresse verso la reception nel buio della notte. Solo qualche minuto dopo un "ciaff" risuonò nella hall e poco dopo un urlo lancinante ruppe il silenzio. Lei, volgendosi verso l'uomo, disse:"Mi scusi, quella mano è sua?". Lui, imprecando, corse verso la porta d'ingresso con un tagliacarte impiantato sul dorso della mano, la stessa che le aveva schiaffeggiato il sedere poco prima.

martedì 7 dicembre 2010

SCRIVO

Scrivo e con le mie parole riempio fogli bianchi: sono fogli di quaderno, fogli di taccuino. Ogni parola è un angolo di mondo, del mio mondo intimo e personale. Scrivo perchè a parole non saprei esprimermi. Così scrivo e la penna scivola veloce a rendere chiaro un pensiero ingarbugliato. Scrivo di amore, sofferenza e di tutto quello che mi passa per la testa. Quando scrivo svuoto quella grande botte che è la mia mente. La svuoto per dare spazio ai nuovi pensieri che di nuovo arriveranno. E così si ricomincia: nuovi fogli e nuovo inchiostro, nero, a rendere indelebile il mio pensiero profondo.

venerdì 3 dicembre 2010

LEGAMI

"Buonasera signora. Favorisca patente e libretto, grazie".
"Certo agente. Subito.Qualche problema agente?"
"No, signora. Solo un controllo di routine. Abigail? Bel nome. Nome biblico giusto?"
"Già!"
"Abita qui vicino?"
"Si agente. Stavo tornando a casa. Vuole venire con me?"
Varcata la soglia, un fremito di profonda passione attraversò i loro corpi. Si spogliarono e fecero l'amore per tutta la notte così come non avevano mai fatto prima. Terminato l'amplesso, Abigail lo guardò e maliziosa disse: "È già la terza volta che mi fermi. I tuoi colleghi prima o poi capiranno."
"Beh, sei mia moglie e stiamo solo giocando!"

mercoledì 1 dicembre 2010

L'ULTIMO TIRO DI DADO

Era la fine del mondo, come tutti si aspettavano. Le prime testate avrebbero presto colpito i punti strategici delle superpotenze, poi sarebbe stata la volta delle città principali.
I ragazzi si ritrovarono come solevano fare ogni venerdì sera, nello scantinato di Marco. Le ultime ore le avrebbero passate insieme, seduti attorno a un tavolo. Marco avrebbe raccontato una storia e gli altri ci si sarebbero tuffati dentro. Per un po' quel mondo che stava per finire non sarebbe stato più il loro. Qualcuno pensò anche che fosse possibile lasciarlo. Bastava volerlo con tutto il cuore, e credere sempre nei propri dadi.

mercoledì 10 novembre 2010

ON AIR

Hai tutto, soldi, salute, bellezza, e una telecamera che ti fa entrare nelle case dell'intero paese. Sei l'esempio che ridicolizza l'eccezione, la bocca dalla quale pende l'umano ignaro, ed ogni volta che ti vede tu lo travolgi, con la tua bellezza di facciata, con le tue parole facili da masticare, con la tua innaturale sempre-giovinezza, immortalata da un click e due parole straniere; on air...
Ti guardo per un attimo dal vetro luminoso, col volume azzerato, mentre le tue labbra si muovono al ritmo di uno strano balletto. Inarco la testa, cerco di leggerti negli occhi, ma vedo solo il vuoto.

mercoledì 27 ottobre 2010

LETTURE INTERROTTE

I ragazzini giocavano per strada davanti a casa, con un pallone sgonfio e un vecchio boomerang di legno. Ve n'erano di tutte le razze ed i colori. Il sabato pomeriggio era così, soprattutto in quelle belle giornate d'aprile.
Io il sabato pomeriggio mi metto sempre a leggere. Leggo molto, ma se i ragazzini fanno troppa confusione mi distraggo, perdo il filo e allora... mi arrabbio.
Dalla finestra beccai un muso nero col mio Remington 700. La testa gli esplose come un'arancia. Prima che i suoi compagni potessero dileguarsi ne feci fuori altri tre. Poi finalmente riuscii a finire il capitolo.

sabato 16 ottobre 2010

E IL MONDO NON FU PIÙ LO STESSO

Ero al bar a farmi il solito gotto delle tre meno dieci... Non sto dietro ai tempi, io... bevo quando mi va, alle otto di sera come a quelle di mattina, ma quell'occasione me la ricordo bene perché guardai l'orologio sopra le mensole dei superalcolici; le due e cinquanta spaccate. La Bruna se ne uscì dalla sala tombola bestemmiando, Mario entrò dalla porta a vetri urlando al cellulare mentre il Lillo alternava le grattate di scimmia a quelle del gratta e vinci. Poi la TV vomitò di un aereo schiantato in una torre, e il mondo non fu più lo stesso.

venerdì 8 ottobre 2010

AVATAR

Quando la conobbi lei era solo un avatar e una serie di lettere digitate al pc: ma già mi aveva affascinato. Decidemmo di incontrarci e prendere un caffè: era meravigliosa nel suo essere semplice, con i capelli a coda di cavallo, che supplicavano l'intervento di un bravo parrucchiere. Dopo di allora, niente più. Sparì così come apparì. Passarono mesi, poi anni e non si fece più sentire o vedere nè in chat nè al telefono. Finchè un giorno la rividi, sempre in chat: questa volta con un altro nick e un altro avatar che si mostrava nuda al nuovo capitato. 

mercoledì 29 settembre 2010

ESTATE 1987


Era l'estate di Zucchero e di The Final Countdown ed io ero poco più di un bambino, mentre lei sembrava già una donna, anche se aveva un anno meno di me. Rimanemmo a parlare fino a tardi di musica, di Marylin Monroe e dell'estate che finiva. Ci fu un momento in cui tutto parve fermarsi. Io la guardai, lei mi guardò e pensai che se non la baciavo adesso non l'avrei mai più baciata. Infatti andò proprio così.
Oggi la ricordo ogni volta che l'organo attacca le prime note di Hey Man...
...che sei solo come me, dall'altra parte della strada.

domenica 26 settembre 2010

101

Ora che ho iniziato non posso fermarmi. È una corsa disperata contro questo tormento, una maledizione che fa fremere le mie dita sulla tastiera. Qualcosa si è insinuato dentro di me e so che nel momento in cui smetterò di battere su questi tasti, lui l'avrà vinta, almeno che non arrivi a centouno. Centuno è il traguardo, la meta più ambita, la salvezza. Sono già a sessantasette con questa, e continuo a contare...
È solo un gioco o sono impazzito? Non dovrei domandarmelo, eppure c'è qualcosa che non va.
Non mi devo distrarre... centouno, abbiamo detto. Ci siamo quasi...

Ma lo scrittore non riuscì mai a terminare la storia di 101 parole. Si fermò a quel “quasi”, la novanonevesima, e poi qualcosà lo ghermì, roteò gli occhi e si accasciò sulla sedia. Il cursore continuò a fargli l'occhiolino.

lunedì 20 settembre 2010

COMPLEANNO

Quella mattina si alzò tardi. Aveva dormito tranquillo e con la pace nel cuore. Appena aprì gli occhi, sbadigliò e sorrise a quel piccolo ragno che da due giorni aveva nidificato sul muro di casa sua. Sembrava guardarlo e battere gli occhi come per dire "Buongiorno amico". Stropicciandosi gli occhi si mise seduto sul letto e si guardò intorno: un'aria nuova l'avvolgeva, una sensazione di benessere aleggiava nella sua stanza. Circondato dai suoi dipinti, alcuni completi altri in lavorazione, sentiva una nuova forza vitale che lo spronò a prendere il pennello e a festeggiare i suoi 30 anni, dipingendo.

giovedì 16 settembre 2010

IL PAESE SENZA EROI

Nel paese senza eroi la gente vive serena raccontandosi un mucchio di storie. Neanche nelle storie ci sono eroi, perché nessuno sa cosa siano. Persone importanti? Valorosi guerrieri? Principesse temerarie? Ma forse esiste una spiegazione più semplice. In questo remoto paese dalle case piene di colori, tutti gli abitanti sono un poco eroi, e per esserlo non sentono il bisogno di sentirsi tali. Allora un bel giorno gli eroi hanno smesso di esistere. Ci sono uomini saggi, donne piene d'amore e bambini che fanno sogni stupendi.
E poi ci sono le zie...
...sono sempre loro che raccontano le favole più belle.

venerdì 10 settembre 2010

LA VALIGIA SUL LETTO

Aprì la sua valigia e rimase a guardarla chiedendosi perché lo stesse facendo. Doveva riempirla con abiti pesanti perché nel paese, per cui era diretta, avrebbe trovato un clima rigido a cui non era abituata. Sentiva il desiderio di partire ma allo stesso tempo la voglia di restare. Ogni indumento che infilava era un chilometro che la portava lontano dalla sua terra, dalla sua famiglia, dai suoi amici e dai suoi cari animaletti. Una lacrima fece capolino e senza pensarci e meccanicamente impilò abiti su abiti perché la sua scelta ormai l'aveva fatta. Doveva partire conscia che presto sarebbe ritornata.

giovedì 9 settembre 2010

MATER

E pensare che delle donne sulla quarantina che conosco, ancora single, lei è quella pronta da sempre per avere un figlio. Ora le sue amiche sono madri o stanno per diventarlo e lei sembra non pensarci. Io gliel'ho detto, lei ha distratto lo sguardo e gli occhi le si sono riempiti di lacrime. Dal giorno in cui l'ho conosciuta è sempre stata presente e attenta con le mie figlie. Ha sostenuto me nei momenti di difficoltà. C'era, c'era sempre, bastava una telefonata e lei c'era. Ho allontanato velocemente il mio sguardo da lei, ora so di non sapere molto di lei.

domenica 29 agosto 2010

BATTUTACCIA

Era un giorno di quelli aggrappati al bancone, col fuoco in corpo e la mente in balia del vortice alcolico. Succede di rado perché, detto in tutta onestà, in quelle condizioni faccio proprio schifo. Di solito rimango su un livello alticcio e giocherellone, ma quel giorno andò così...
Nel bar entrò Pinuccio, mogio come un gattino infreddolito. La moglie era dal ganzo, al solito... A me scappò una battutaccia, lui mi guardo sbieco e se ne andò. Tre giorni dopo lo trovarono nel fiume, gonfio come un canotto.
Mi ci volle un anno per levarmi di dosso il senso di colpa!

giovedì 26 agosto 2010

UN COLPETTINO

L'uomo sorseggiò piano il suo caffè, ché tanto fuori pioveva a dirotto e non aveva alcuna intenzione di bagnarsi. L'appuntamento era alle sette, ma per una volta potevano aspettarlo. In tanti anni aveva sempre spaccato il minuto, ma da qualche giorno le cose erano cambiate. La sua vita era cambiata.
"Un colpettino" gli aveva detto il dottore. "Nulla di cui preoccuparsi, basta continuare con la terapia..." Lui non credeva alle medicine, ma fece come gli era stato ordinato. Il caffè gli lasciò un retrogusto cattivo. "Maledetto decaffeinato", pensò. Ma poi guardò fuori, vide un raggio di sole e il retrogusto passò.

martedì 24 agosto 2010

SE PROPRIO LA DEVI GIOCARE, GIOCALA SPORCA!

Il giocatore di biliardo mirò alla nove d'angolo con la sigaretta stretta tra i denti e tante goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte. Sapeva che quel colpo poteva valergli molto più della vita. Il diavolo lo osservava dall'altro lato del tavolo verde, impegnato a lavorarsi col gessetto la punta della sua stecca. Per lui era solo una delle tante partite.
- Se la butto sono salvo, vero? - chiese l'uomo per l'ennesima volta.
- Per ora... - rispose ammiccando Belzebù.
Partì il colpo, la palla s'alzò inaspettatamente e colpì il demone in mezzo agli occhi lasciandolo in terra stecchito.

venerdì 6 agosto 2010

RICORDI

Sfoglio l'album dei ricordi e tra le foto di me piccolina ecco apparire quella che suscita pensieri stupendi. Eravamo io e lui, piccoli e teneri. Con i giochi in mano e abbracciati che guardiamo chi, da dietro la macchina fotografica, spera di far uscire una foto almeno decente.
Lo ricordo quel giorno, come non potrei. Abbiamo giocato l'intera giornata, nessuna stanchezza a fermarci, abbiamo corso e disegnato con i bastoncini sulla terra creando un mondo fantasioso. Il nostro.
Se non fosse stato per quel flash sembrava che l'intera città si fosse magicamente ridotta a due sole persone. Noi.

mercoledì 4 agosto 2010

LA TITTA

La Titta si spogliò al lume della vecchia e sbilenca abat-jour del comò. Le ombre le nascondevano caritatevolmente le smagliature e le vene varicose. Vista di lato pareva ancora una leonessa, come a bei vecchi tempi…
- Gano, ti ricordi la prima volta che l’abbiamo fatto?
Io da sotto il lenzuolo ammiccai. – Certo, Tittina. Al pratone… La guardia giurata ci beccò sul più bello…
Poi si sfilò il reggipetto e si sdraiò accanto a me.
- Quanti anni son passati?
- Non pensarci piccola, vieni qui…
Da fuori ci arrivò la sirena di un’ambulanza, ma era ancora distante. Molto distante…

martedì 3 agosto 2010

PIERROT

Nella notte, con la luna splendida nel cielo, il mio cuore è alla ricerca della sua metà. Lo cerca ma anestetizzato è la che non sa: non sa cosa vuole, dove andare, cosa fare.
Semplicemente batte: a volte all'impazzata, molto spesso a rallentatore.
Anestetizzato il mio cuore mi parla nel silenzio. Mi parla di baci, labbra e incontri fugaci.
Anestitazzato il mio cuore chiede di più: chiede l'amore che solo tu puoi darmi.
Anestetizzato il mio cuore sa che una lacrima scenderà per ricordarmi che quell'amore forse mai verrà. Una lacrima che lì, indelebile, sul mio volto per sempre rimarrà.

lunedì 26 luglio 2010

IL CIELO IN UNA STANZA

Caro diario non guardarmi troppo, i miei occhi lucidi e luminosi ti fanno capire tutto... Sai, ricordi la canzone di Mina "Cielo in una Stanza"?
Son passati tanti anni da quanto la cantava, ma allora si ripetevano distrattamente le sue parole, ma il vero senso di esse non si approfondiva, ma ieri ho capito come può veramente entrare il cielo in una stanza...
Una voce è riuscita ad abbatere quelle pareti che mi imprigionavano... e insieme abbiamo viaggiato per mondi conoscuti solo da noi.
Il rientro fra quelle mura, non è stato duro: si... puo' entrare il cielo in una stanza...

martedì 29 giugno 2010

LA BALLERINA

Girava, saltava, si contorceva soltanto per me. In sogno veniva a trovarmi ogni volta che che lasciavo le porte della mente spalancate. Questo succedeva di solito quando non ne potevo più dell'ufficio e me ne andavo in campagna, a casa di Guglielmo. Lui mischiava fiori esotici a radici campestri. La tisana faceva rilassare ed apriva la mente, a quanto diceva il mio amico, ed allora arrivava la ballerina.
Potevo distinguere un arco dietro di lei, e più oltre una scura foresta. Sapevo che la foresta significava qualcosa di definitivo, ma non specificatamente qualcosa di brutto.
“Intratteniamoci insieme, fino a quando durerà...”

venerdì 18 giugno 2010

VIKTOR (terza parte)

“Chi sono?” si chiese, una domanda inconsueta per un Arenty. Viktor piangeva guardando verso l'orizzonte. In lontananza poteva scorgere il picco perennemente innevato della montagna sacra. “Perché mi chiedi questo?” chiese, ignaro della presenza che lo guidava.
L'Aviatores era sotto la torre più alta, quella che conteneva la storia del mondo, non Limbo... il mondo di prima, diverso, corrotto e maledetto. Pose le mani sulla liscia parete di vetro scuro. Chiuse gli occhi rigati dal pianto ed entrò nella struttura dell'edificio.
Quanto la torre si sgretolò su di lui un nugolo di uccelli prese il volo dal boschetto vicino.

martedì 15 giugno 2010

ADDIO AL CELIBATO

- Stai scherzando... vuoi davvero cancellare tutto? Il ricevimento, gli invitati, gli anelli, la luna di miele... Dai, lo sai che è stata solo una birbonata... maledetti amici!
Lei evitava accuratamente il suo sguardo. Con indosso mutandine e canottiera, si muoveva nella cucina dell'appartamento nuovo con gesti semplici e precisi. Aprì uno sportello, afferrò la tazza dei cereali, un cucchiaio dal cassetto, posò tutto sul tavolo, poi prese il latte dal frigo. Nel frattempo la caffettiera aveva incominciato a gorgogliare. Con un altro gesto calibrato, l'afferrò per il manico e ne rovesciò il contenuto sui piedi nudi del giovane promesso sposo.

venerdì 11 giugno 2010

VIKTOR (seconda parte)

Le navi dei Veggenti avevano lasciato l'isola il giorno prima. Gli aggiornamenti erano stati prontamente stazionati nell'edificio centrale, quello che conservava la storia del mondo. Le altre due torri di vetro erano sigillate, inaccessibili. Il compito di Viktor, come degli altri Aviatores, era quello di proteggerne il contenuto.
L'uomo ebbe un nuovo giramento di testa. Erano giorni che succedeva... Si appoggiò alla parete di vetro della torre vicina e percepì una strana sensazione al palmo della mano. Si scoprì capace di proiettare le sue percezioni fin dentro il reticolato del programma struttura. Viktor si sentì nuovamente ghermire da un impulso entropico.

venerdì 4 giugno 2010

VIKTOR (prima parte)

L'uomo si strinse nel mantello scuro e risalì la collinetta, uscì dall'ombra della foresta che circondava la biblioteca e cercò un po' di calore nel sole velato dalle nebbie mattutine. Chiuse gli occhi e odorò essenze lontane portate dal vento. L'isola galleggiante si muoveva per i cieli di Limbo con un suono sommesso. L'avvento dell'eclisse aveva deciso la nuova rotta: Mountoor.
L'uomo si chiamava Viktor. Era solo un Arenty votato al progetto, ma da giorni un pensiero che non doveva appartenergli lo turbava. Uno strano impulso distruttivo.
Pensò per l'ennesima volta di parlarne agli altri Aviatores, ma preferì rimandare. Domani, forse...

martedì 1 giugno 2010

INCUBI

Betty era una ragazza giovane e bella da mozzare il fiato: capelli biondi e vaporosi, labbra carnose e pelle candida. La sua era una vita da regina; amava la perfezione e ne faceva il suo vanto. Eppure, c'era un neo, un imperfezione che rattristava la sua vita: la notte, ogni notte, si alzava di scatto per un incubo che le interrompeva le otto ore di sonno.
Quella notte successe di nuovo: si alzò, gettò via la maschera occhi rinfrescante e lenitiva e tremante si guardò le mani. L'unghia, quella dell'indice, era ancora lì, non si era rotta fortunatamente.
Questa notte è stata unica, e tu sei così divertente, romantica, ironica, intelligente. Peccato che viviamo così lontani. Peccato che io sia così impegnato. Che belle sensazioni che mi hai fatto vivere! Non mi ero mai sentito così vero, così compreso, così amato! Peccato! Vorrei che rinnovassimo questo piacere almeno un’altra volta, perchè no, magari tante volte. Ho una fantastica idea… facciamo che… qualsiasi cosa succeda nella nostra vita, noi ci daremo appuntamento una volta l’anno, in questo stesso giorno per tutta la vita.
Non è fantastico?
Come avrebbe detto Bartleby, lo scrivano di Melville, ho sussurrato "avrei preferenza di no".

sabato 29 maggio 2010

GIOCHI DI GUERRA

“Ehi ragazzino, avvicinati un po'...”
Il vento del deserto, incanalatosi tra lo rovine della città, fece alzare una nube di polvere attorno alla jeep. Il marine si tolse gli occhiali scuri per pulirseli alla giacca della mimetica, il bambino invece non ci fece caso e timidamente si fece avanti.
“Ti va di giocare?” sorrise l'uomo, porgendogli una palla ovale, di quelle da football americano. Poi la scaraventò con forza oltre un'alta siepe. “Valla a prendere, dai!”
Due minuti più tardi una forte esplosione squassò l'aria attorno al soldato.
“Il campo è minato, sergente. Meglio prendere un'altra strada.”

lunedì 24 maggio 2010

DUE STELLE

Il sole se n'era appena andato che apparvero due stelle sopra l'orizzonte. Nel riverbero vespertino della sera si riusciva appena a distinguerle. Entrambe ammiravano il mondo, e mentre la prima aveva una parola gentile per tutti, la seconda non perdeva mai l'occasione di atteggiarsi a saputella, dispensando feroci critiche.
«Perché fai così, sorella?» chiese la prima.
«Ma come, non lo sai? La critica è il miglior consiglio!» rispose secca la seconda.
Poi arrivò il buio, e mentre la prima si accese fulgida, l'altra incominciò a lampeggiare ed infine si spense, perché altro non era che un vecchio e bisbetico lampione arrugginito.

martedì 18 maggio 2010

L'AGNELLINO D'ORO DELLA MUSIC DOME

Micky Lamb, l'agnellino d'oro della Dome, salì sul palco quella sera dopo aver calato un cocktail micidiale di alcol e anfetamine di dubbia qualità. Era il quinto concerto consecutivo, il finale di un tour distruttivo al quale era impegnato per colpa di uno sporco contratto, firmato per sbaglio in una notte balorda.
Grazie alle basi registrate anche quella volta la sua performance risultò convincente, almeno fino al secondo bis, quando si tuffò a volo d'angelo sulla platea e il cuore gli esplose nel petto.
Due mesi dopo la Music Dome incassò venti milioni di dollari per un'assicurazione sulla vita. La sua.

UNA BOLLA FATTA DI SILENZIO

Una bolla fatta di silenzio, nei movimenti che diventano luce.
C’è buio attorno, solo cose grevi che mutano all’istante. Raccolgo gli anni, come conchiglie sulla riva del mare, mentre lampi squarciano un cielo arrossato al tramonto. La storia si trasforma, diventa bufera: figure trasparenti camminano, al ritmo di una musica calda come un canto polare. Note confuse tra lettere alfabetiche, scolpite nella fragilità di un essere umano che parla nei ritagli di uno scheletro. I pensieri si fanno troppo grandi: scompaiono, barcollano, precipitano in una insalata di parole, tra suoni gutturali che mi fanno sentire al confine del mondo.

sabato 15 maggio 2010

IL PROFUMO DEL SORRISO DEI BAMBINI

Sono andata in una valle, dove ho visto i sogni.
Quelli che avevo, e che non ho potuto realizzare.
Me ne sarebbe bastato uno.
Ho annusato l'aroma dell’erba, dei fiori, mescolato a quello del latte.
Sfiorato pesche vellutate.
Col mio sguardo ho accarezzato fiocchi colorati, rubati alle nuvole.
Tanto piccole, che si potrebbero tenere sulla punta delle dita.
Sono stata avvolta da un vento tiepido e leggero, ho danzato al suono di una musica che fa vibrare la vita, quella che a volte sento vacillare.
Perché il sorriso dei bambini ha un suo profumo.
Ancora oggi io lo sento.

martedì 11 maggio 2010

PAROLE CATTIVE

Rimasi immobile ad osservare lo schermo del computer, e quelle nere parole incise nei pixel bianchi, come un uccellino solitario aggrappato al ramo di un albero durante la tormenta. Le lessi cento, mille volte, cercando disperatamente di dare loro un altro senso. Provai a metterle in bocca alla persona che le aveva scritte, incorniciandole dentro ad un linguaggio del corpo che le potesse addolcire. Ne provai di tutte, ma le parole rimasero quelle, e a distanza di anni non sono mai cambiate. Nel frattempo però sono cambiato io, ed è per questo che ringrazio di cuore colui che me le scrisse.

FÉE VERTE

Si svegliò che il sole era già alto: la testa pesante, la bocca impastata.
Una parola: “Casanova”, da lei pronunciata per scherzo la sera precedente, aveva scatenato un fraintendimento.
Sopra di lui il cielo terso, brillante di miliardi di stelle, e quel freddo che gli penetrava dentro.
Incredulo per quello che gli stava accadendo: non riusciva a togliersi dalla testa quella piccola donna, conosciuta per caso. Gli aveva sedotto la mente, prima che il corpo. Avrebbe voluto averla accanto a sé, stringerla, accarezzarla, scaldarla, accenderla.
Rientrò in casa: né birra, né vino, solo una bottiglia di Absinth.
Se lo preparò doppio.

domenica 9 maggio 2010

FILI D'ERBA

Sara si mise a correre nel prato di fronte casa senza meta, incespicando, cadendo per poi rialzarsi e ricominciare. Correva ogni volta che si sentiva triste, ogni volta che le riaffiorava il ricordo di sua madre, che molti anni prima se ne andò dicendole che sarebbe ritornata.
Erano passati quindici anni da allora.
Correva per sfogare la sua rabbia, la sua solitudine, le sue colpe.
Oltre quel prato c'era un burrone e quel giorno decise di oltrepassare quel confine, lasciandosi cadere. Fu ritrovata due giorni dopo mentre, come fossero le mani della madre, fili d'erba le accarezzavano il volto.

L'OCCHIO PRIVATO

Una vibrazione musicale attirò la sua attenzione.
Roberto sotto la doccia, guardò il display illuminarsi.
“Ti penso, baci.”
Un nome femminile per un sms, ad un’ora improbabile per un amico, un collega, un cliente.
Simulare indifferenza per giorni, attivarsi con le amiche, ottenendo informazioni su colei che portava il suo stesso nome.
Sapeva quasi tutto: età, indirizzo, sposata, una figlia.
Gli unici tasselli mancanti: la professione ed il volto.
Un giorno le disse che doveva scendere in città, una riunione nella sede centrale.
Partì prima di lui, attese davanti alla casa dell’altra.
Lo vide suonare un campanello ed entrare.

mercoledì 5 maggio 2010

PROVACI ANCORA GANO!

La Matilda se la tirava, ma ci provai uguale... Alla prima rimbalzai, ma ci riprovai il giorno dopo, poi provai a riprovarci nel fine settimana. Niente!
Ma non demorsi e qualche giorno dopo riprovai a riprovarci, lei mi guardò di sbieco e mi dette un altro due di picche. Eppure giurai che ci avrei riprovato...
Così provai a riprovare di riprovarci, e non contento riprovai a riprovare di riprovarci, ma fu quando provai a riprovare di riprovare di riprovarci che le sfuggì un sorriso... Ce ne andammo a casa mia e quella fu in assoluto la notte più godereccia di tutte.

IL CICLISTA

Dopo un'ora che pedalava, si trovò davanti al tratto più duro di tutto il percorso: una salita col 30% di pendenza che avrebbe consumato le sue ultime forze. Eppure doveva scalarla perchè troppe persone avevano investito su quella gara e troppi sogni si sarebbero infranti se avesse smesso di puntare in alto come suo padre gli aveva insegnato. Prendendo fiato e puntando i piedi sui pedali cominciò a pedalare fuori sella; fu allora che ricordò le parole che lo convinsero a seguire le orme del padre. "Un uomo solo al comando, la sua maglia biancoceleste, il suo nome Fausto Coppi."

lunedì 3 maggio 2010

SUADADE

Malinconia che mi assale, talvolta ammantata di sorrisi. Ho dimenticato cosa sia l’amore, per quelle eccessive improvvisazioni, frettolose e penose. Mi trovo a percorrere la vita come un saliscendi, rincorrendo sentimenti.
Sogno sempre acqua impetuosa, libera. Mi scontro con un destino fatto di gesti dimenticati, di parole non dette. Osservo quel fuoco che quotidianamente accendo, che qualcuno spegne. E quei rumori che appaiono in sogno, che si dissolvono al risveglio, come trasparenze offuscate da una memoria vacillante. Circondata da una pazzia, che è odio e amore.
Non cerco alcuna ragione: le braccia abbandonate lungo i fianchi, in segno di resa.

martedì 27 aprile 2010

POENA

L'amministratore delegato della multinazionale farmaceutica si stupì di trovarsi ancora prigioniero del suo corpo flaccido. Sperava che col trapasso le cose cambiassero, invece... Faticava a trascinare le sue membra lungo quel corridoio odoroso di fuliggine. Avanzava verso un chiarore, un riverbero, ma non riusciva a mettere a fuoco le immagini. Qualcuno lo stava aspettando.
Si ritrovò davanti ad una figura massiccia, cornuta, avvolta dalle fiamme. L'essere stringeva tra le mani unghiate un enorme fallo nerboruto.
- Succhia il cazzo di Satana, mio devoto... - disse una voce ombrosa.
- Ma... - balbettò lui.
- Ma cosa? Apri la bocca, dai...

LA MALAVERITÀ

La stanza è deserta, un deposito di briciole stipate, strappate ad un’anima pesante.
Una luce grigia illumina un volto squadrato: mi fissa dietro lenti scure.
Cerco riparo dietro al calendario, che era inizio ed è fine.
Gli occhi delle donne mi osservano di sbieco.
Hanno visto dentro di me parole sussurrate all’orecchio da un corpo insignificante, portate da un vento oscuro, che ha scatenato una tempesta insidiosa: una bocca consumata a lanciare pietre come tracce che non ci sono.
Vuoto attorno a me, mentre divento presenza invisibile, per quella malaverità che ha spezzato gli equilibri, spazzato una persona.

mercoledì 21 aprile 2010

UOMINI SOLI

I tre uomini si guardarono per l'ultima volta; accesero gli auricolari ed i microfoni per tenersi in contatto e si avviarono con passo incerto.
Fuori l'inferno... migliaia di persone ammassate... urlanti... chissà perché proprio loro avevano scelto di fare il lavoro sporco!
Uno si mise al centro, gli altri ai lati, molto distanti... impugnarono le armi.
I preliminari furono rapidi, il tempo scorreva inesorabile... un'unica parola nella testa... GUERRA!
Mentre risuonavano canti, rimbombavano esplosioni e l'ambiente si riempiva di fumo, l'uomo al centro dette il segnale...
Il pallone girò... la terna iniziò a seguire l'azione!