martedì 23 febbraio 2010

SOSTA VIETATA

“Sì, sono io. Vado a prendere mia mamma ed arrivo.”
Appoggiò la cornetta, staccò la spina del ferro da stiro, afferrò la borsa e le chiavi.
Quindici minuti dopo parcheggiò in divieto di sosta.
Non c’era un posto a pagarlo oro, non c’era tempo per aspettare o cercarne un altro.
Più di tanto non si preoccupò, era domenica.
L’ascensore le portò al quarto piano, suonò il campanello, si annunciò, le accolse il medico che, questa volta, le condusse in una saletta appartata.
Un lenzuolo bianco copriva il rigor mortis.
Tornarono all’auto, vide un foglio rosa sul parabrezza ed il vigile dileguarsi.