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«Perché gli uomini sono così affascinati dall’oblio?» domandò Rudor al maestro.
«Sono prigionieri della loro mobilità. Sono convinti di sentire il bisogno di cercare sempre qualcosa di nuovo, e quando si possiede tutto il desiderio più grande diventa il non avere più niente.» La voce di Tielsin suonava affranta e stanca.
«Ed è sempre stato così, maestro?»
«Sempre, figliolo… sempre!»