sabato 29 maggio 2010

GIOCHI DI GUERRA

“Ehi ragazzino, avvicinati un po'...”
Il vento del deserto, incanalatosi tra lo rovine della città, fece alzare una nube di polvere attorno alla jeep. Il marine si tolse gli occhiali scuri per pulirseli alla giacca della mimetica, il bambino invece non ci fece caso e timidamente si fece avanti.
“Ti va di giocare?” sorrise l'uomo, porgendogli una palla ovale, di quelle da football americano. Poi la scaraventò con forza oltre un'alta siepe. “Valla a prendere, dai!”
Due minuti più tardi una forte esplosione squassò l'aria attorno al soldato.
“Il campo è minato, sergente. Meglio prendere un'altra strada.”

lunedì 24 maggio 2010

DUE STELLE

Il sole se n'era appena andato che apparvero due stelle sopra l'orizzonte. Nel riverbero vespertino della sera si riusciva appena a distinguerle. Entrambe ammiravano il mondo, e mentre la prima aveva una parola gentile per tutti, la seconda non perdeva mai l'occasione di atteggiarsi a saputella, dispensando feroci critiche.
«Perché fai così, sorella?» chiese la prima.
«Ma come, non lo sai? La critica è il miglior consiglio!» rispose secca la seconda.
Poi arrivò il buio, e mentre la prima si accese fulgida, l'altra incominciò a lampeggiare ed infine si spense, perché altro non era che un vecchio e bisbetico lampione arrugginito.

martedì 18 maggio 2010

L'AGNELLINO D'ORO DELLA MUSIC DOME

Micky Lamb, l'agnellino d'oro della Dome, salì sul palco quella sera dopo aver calato un cocktail micidiale di alcol e anfetamine di dubbia qualità. Era il quinto concerto consecutivo, il finale di un tour distruttivo al quale era impegnato per colpa di uno sporco contratto, firmato per sbaglio in una notte balorda.
Grazie alle basi registrate anche quella volta la sua performance risultò convincente, almeno fino al secondo bis, quando si tuffò a volo d'angelo sulla platea e il cuore gli esplose nel petto.
Due mesi dopo la Music Dome incassò venti milioni di dollari per un'assicurazione sulla vita. La sua.

UNA BOLLA FATTA DI SILENZIO

Una bolla fatta di silenzio, nei movimenti che diventano luce.
C’è buio attorno, solo cose grevi che mutano all’istante. Raccolgo gli anni, come conchiglie sulla riva del mare, mentre lampi squarciano un cielo arrossato al tramonto. La storia si trasforma, diventa bufera: figure trasparenti camminano, al ritmo di una musica calda come un canto polare. Note confuse tra lettere alfabetiche, scolpite nella fragilità di un essere umano che parla nei ritagli di uno scheletro. I pensieri si fanno troppo grandi: scompaiono, barcollano, precipitano in una insalata di parole, tra suoni gutturali che mi fanno sentire al confine del mondo.

sabato 15 maggio 2010

IL PROFUMO DEL SORRISO DEI BAMBINI

Sono andata in una valle, dove ho visto i sogni.
Quelli che avevo, e che non ho potuto realizzare.
Me ne sarebbe bastato uno.
Ho annusato l'aroma dell’erba, dei fiori, mescolato a quello del latte.
Sfiorato pesche vellutate.
Col mio sguardo ho accarezzato fiocchi colorati, rubati alle nuvole.
Tanto piccole, che si potrebbero tenere sulla punta delle dita.
Sono stata avvolta da un vento tiepido e leggero, ho danzato al suono di una musica che fa vibrare la vita, quella che a volte sento vacillare.
Perché il sorriso dei bambini ha un suo profumo.
Ancora oggi io lo sento.

martedì 11 maggio 2010

PAROLE CATTIVE

Rimasi immobile ad osservare lo schermo del computer, e quelle nere parole incise nei pixel bianchi, come un uccellino solitario aggrappato al ramo di un albero durante la tormenta. Le lessi cento, mille volte, cercando disperatamente di dare loro un altro senso. Provai a metterle in bocca alla persona che le aveva scritte, incorniciandole dentro ad un linguaggio del corpo che le potesse addolcire. Ne provai di tutte, ma le parole rimasero quelle, e a distanza di anni non sono mai cambiate. Nel frattempo però sono cambiato io, ed è per questo che ringrazio di cuore colui che me le scrisse.

FÉE VERTE

Si svegliò che il sole era già alto: la testa pesante, la bocca impastata.
Una parola: “Casanova”, da lei pronunciata per scherzo la sera precedente, aveva scatenato un fraintendimento.
Sopra di lui il cielo terso, brillante di miliardi di stelle, e quel freddo che gli penetrava dentro.
Incredulo per quello che gli stava accadendo: non riusciva a togliersi dalla testa quella piccola donna, conosciuta per caso. Gli aveva sedotto la mente, prima che il corpo. Avrebbe voluto averla accanto a sé, stringerla, accarezzarla, scaldarla, accenderla.
Rientrò in casa: né birra, né vino, solo una bottiglia di Absinth.
Se lo preparò doppio.

domenica 9 maggio 2010

FILI D'ERBA

Sara si mise a correre nel prato di fronte casa senza meta, incespicando, cadendo per poi rialzarsi e ricominciare. Correva ogni volta che si sentiva triste, ogni volta che le riaffiorava il ricordo di sua madre, che molti anni prima se ne andò dicendole che sarebbe ritornata.
Erano passati quindici anni da allora.
Correva per sfogare la sua rabbia, la sua solitudine, le sue colpe.
Oltre quel prato c'era un burrone e quel giorno decise di oltrepassare quel confine, lasciandosi cadere. Fu ritrovata due giorni dopo mentre, come fossero le mani della madre, fili d'erba le accarezzavano il volto.

L'OCCHIO PRIVATO

Una vibrazione musicale attirò la sua attenzione.
Roberto sotto la doccia, guardò il display illuminarsi.
“Ti penso, baci.”
Un nome femminile per un sms, ad un’ora improbabile per un amico, un collega, un cliente.
Simulare indifferenza per giorni, attivarsi con le amiche, ottenendo informazioni su colei che portava il suo stesso nome.
Sapeva quasi tutto: età, indirizzo, sposata, una figlia.
Gli unici tasselli mancanti: la professione ed il volto.
Un giorno le disse che doveva scendere in città, una riunione nella sede centrale.
Partì prima di lui, attese davanti alla casa dell’altra.
Lo vide suonare un campanello ed entrare.

mercoledì 5 maggio 2010

PROVACI ANCORA GANO!

La Matilda se la tirava, ma ci provai uguale... Alla prima rimbalzai, ma ci riprovai il giorno dopo, poi provai a riprovarci nel fine settimana. Niente!
Ma non demorsi e qualche giorno dopo riprovai a riprovarci, lei mi guardò di sbieco e mi dette un altro due di picche. Eppure giurai che ci avrei riprovato...
Così provai a riprovare di riprovarci, e non contento riprovai a riprovare di riprovarci, ma fu quando provai a riprovare di riprovare di riprovarci che le sfuggì un sorriso... Ce ne andammo a casa mia e quella fu in assoluto la notte più godereccia di tutte.

IL CICLISTA

Dopo un'ora che pedalava, si trovò davanti al tratto più duro di tutto il percorso: una salita col 30% di pendenza che avrebbe consumato le sue ultime forze. Eppure doveva scalarla perchè troppe persone avevano investito su quella gara e troppi sogni si sarebbero infranti se avesse smesso di puntare in alto come suo padre gli aveva insegnato. Prendendo fiato e puntando i piedi sui pedali cominciò a pedalare fuori sella; fu allora che ricordò le parole che lo convinsero a seguire le orme del padre. "Un uomo solo al comando, la sua maglia biancoceleste, il suo nome Fausto Coppi."

lunedì 3 maggio 2010

SUADADE

Malinconia che mi assale, talvolta ammantata di sorrisi. Ho dimenticato cosa sia l’amore, per quelle eccessive improvvisazioni, frettolose e penose. Mi trovo a percorrere la vita come un saliscendi, rincorrendo sentimenti.
Sogno sempre acqua impetuosa, libera. Mi scontro con un destino fatto di gesti dimenticati, di parole non dette. Osservo quel fuoco che quotidianamente accendo, che qualcuno spegne. E quei rumori che appaiono in sogno, che si dissolvono al risveglio, come trasparenze offuscate da una memoria vacillante. Circondata da una pazzia, che è odio e amore.
Non cerco alcuna ragione: le braccia abbandonate lungo i fianchi, in segno di resa.