martedì 27 aprile 2010

POENA

L'amministratore delegato della multinazionale farmaceutica si stupì di trovarsi ancora prigioniero del suo corpo flaccido. Sperava che col trapasso le cose cambiassero, invece... Faticava a trascinare le sue membra lungo quel corridoio odoroso di fuliggine. Avanzava verso un chiarore, un riverbero, ma non riusciva a mettere a fuoco le immagini. Qualcuno lo stava aspettando.
Si ritrovò davanti ad una figura massiccia, cornuta, avvolta dalle fiamme. L'essere stringeva tra le mani unghiate un enorme fallo nerboruto.
- Succhia il cazzo di Satana, mio devoto... - disse una voce ombrosa.
- Ma... - balbettò lui.
- Ma cosa? Apri la bocca, dai...

LA MALAVERITÀ

La stanza è deserta, un deposito di briciole stipate, strappate ad un’anima pesante.
Una luce grigia illumina un volto squadrato: mi fissa dietro lenti scure.
Cerco riparo dietro al calendario, che era inizio ed è fine.
Gli occhi delle donne mi osservano di sbieco.
Hanno visto dentro di me parole sussurrate all’orecchio da un corpo insignificante, portate da un vento oscuro, che ha scatenato una tempesta insidiosa: una bocca consumata a lanciare pietre come tracce che non ci sono.
Vuoto attorno a me, mentre divento presenza invisibile, per quella malaverità che ha spezzato gli equilibri, spazzato una persona.

mercoledì 21 aprile 2010

UOMINI SOLI

I tre uomini si guardarono per l'ultima volta; accesero gli auricolari ed i microfoni per tenersi in contatto e si avviarono con passo incerto.
Fuori l'inferno... migliaia di persone ammassate... urlanti... chissà perché proprio loro avevano scelto di fare il lavoro sporco!
Uno si mise al centro, gli altri ai lati, molto distanti... impugnarono le armi.
I preliminari furono rapidi, il tempo scorreva inesorabile... un'unica parola nella testa... GUERRA!
Mentre risuonavano canti, rimbombavano esplosioni e l'ambiente si riempiva di fumo, l'uomo al centro dette il segnale...
Il pallone girò... la terna iniziò a seguire l'azione!

lunedì 19 aprile 2010

COME PETALI SFOGLIATI

Mi ci vedo in questo cielo.
L’alba rispecchia il mio corpo, un vestito bagnato lasciato asciugare da un vento freddo.
Ho incontrato un dettaglio nel respiro fra le dita, appositamente sfiorate, volutamente sfiorite.
Una faccia ora distratta come una fotografia sbiadita, un riflesso senza memoria.
La voglia di incontrare il tempo diventa disastro.
L’eco di un'ombra si staglia nello specchio, mentre penso alle attese consumate nelle meditazioni.
Spogliata della mia essenza per un po’ d’adattamento, ho vissuto nelle soste azzardando appartenenza.
Ritorna quel vento freddo che percuote i rami, e petali distrattamente sfogliati, gettati sulla terra umida.

mercoledì 14 aprile 2010

SWEET DREAMS

Sweet Dreams era il club, esclusivo e privato, della Dream Music.
Lì si stipulavano accordi, si firmavano contratti milionari, bevendo bourbon, fumando sigari, giocando a poker, a biliardo.
La dependance ospitava altro: era il regno indiscusso di Lady Heather.
Strizzata nel bustier di pelle nera, stivali a mezza coscia, una croce appesa allo strangolino, il frustino da dressage nella mano inguantata.
Centinaia di dollari per un’ora di dolce dominazione, migliaia per una notte, al ritmo di “Play the Game”, di “Devil's Answer”.
Una figlia, illegittima come lei, in un collegio svizzero.
Suo padre era il proprietario della Dome Records.

sabato 10 aprile 2010

L'ERBA DELLE STREGHE

Viveva ai margini della città, la casa era isolata, immersa nel verde.
Tutti la conoscevano, chiunque arrivasse a Rock City desiderava incontrarla.
Ne parlavano come fosse una leggenda: una donna giovane, piccola e minuta.
Capelli biondi da Medusa.
I grandi occhi, neri e bistrati, ti entravano dentro.
Dave arrivò da lei dopo il concerto: aveva bisogno del solito sballo.
Gli versò qualche goccia di tintura di stramonio nel boccale di birra.
Iniziò a bere, stravaccato sul divano, fino a perdersi nelle agognate allucinazioni.
Lei ospitava il vice amministratore della Dome Records a giorni alterni.
Da anni era il loro inconfessabile segreto.

mercoledì 7 aprile 2010

RIGENERATORE DI SANITÀ

Arrancai verso il deck, le gambe gelatinose e la bava alla bocca. Non ricordavo l'orrore che mi si era presentato, trasformandomi in una sottospecie di ameba paglierina. Solo l'odore di cordite sulle mie dita giustificava le ricariche vuote dello shotgun. Quella cosa, la cui immagine aveva scavato nella mia mente estirpando ogni radice della ragione, doveva aver assaggiato un bel po' di piombo.
Accesi il processore e afferrai lo spinotto. Indeciso se cercare il plug-in dietro l'orecchio o infilzarmelo nell'occhio destro, scelsi la prima opzione. Il programma iniziò subito a ripristinare i collegamenti tranciati.
Sentii rifluirmi dentro la sanità mentale perduta.

martedì 6 aprile 2010

FAME DI LUCE

Ho fame di luce in queste ore che conducono al mattino.
Sete d’ombra in cui lasciarmi avvolgere, come fosse seta.
In silenzio poso me stessa nel mio nido di carne, caldo e senza fondo.
Gli occhi sono svegli, vegliano addormentati, grandi, chiusi in un profondo sonno introvertito.
Intravvedo i chiarori di una pena remota, la bocca serrata su un segreto che incombe: il ricordo di un incontro alimenta i fantasmi della fame.
Le costellazioni sbiadiscono lente attraverso l’aurora, come muscoli che scivolano in un ansimante nodo.
Lo specchio riflette un volto.
Un raggio di luce, chiaro e violento.
Denudato e muto.