La stanza è deserta, un deposito di briciole stipate, strappate ad un’anima pesante.
Una luce grigia illumina un volto squadrato: mi fissa dietro lenti scure.
Cerco riparo dietro al calendario, che era inizio ed è fine.
Gli occhi delle donne mi osservano di sbieco.
Hanno visto dentro di me parole sussurrate all’orecchio da un corpo insignificante, portate da un vento oscuro, che ha scatenato una tempesta insidiosa: una bocca consumata a lanciare pietre come tracce che non ci sono.
Vuoto attorno a me, mentre divento presenza invisibile, per quella malaverità che ha spezzato gli equilibri, spazzato una persona.