mercoledì 28 ottobre 2009

NOTIZIE DAL MONDO

Giunsero i nomadi con i cammelli e le tende multicolori. Si accamparono sotto una duna di sabbia, a un tiro di sasso dalla torre. Uno di loro, bruno e coi capelli raccolti, chiese di poter utilizzare l’acqua del pozzo.
«Quali notizie porti dal mondo?» domandò Tielsin.
«È stata una buona annata per i villaggi» rispose il nomade mentre riempiva alcune bisacce.
«E le dieci città?»
L’uomo bruno si fermò e guardò il cielo.
«Nessuna notizia…»
«Ma…» lo incoraggiò l’Astromante.
«Tra di noi vive una Sognatrice. Da mesi percepisce il malcontento… La gente laggiù non è felice.» Poi tornò sui suoi passi.

DOTTOR JACOB

Con Layla giocavamo a fare i dottori...
Tutto incominciò per sbaglio, perché spesso succede così, la vita intendo, è tutta un dannatissimo errore! L’attrazione, il sesso, la complicità, l’amore (o quello che è) e poi le prime litigate, gli umori, le noie… Arriva il tempo in cui servono distrazioni, nuovi stimoli, accelerazioni cardiache e sballi di testa. Ti prende una fantasia che poi proponi al partner… e una cosa tira l’altra.
Quello stupido gioco risvegliò qualcosa in me che doveva rimanere per sempre sopito.
“Chiamami dottor Jacob” le dissi, avvicinandomi con il bisturi in mano.
Poi fu una pioggia di sangue.

lunedì 26 ottobre 2009

INCOMPRENSIONI RAVVICINATE DI UNO STRANO TIPO

I miei nuovi amici venivano dalla costellazione di Ofiuco, più precisamente dalla Nebulosa Farfalla che si trova lì nei paraggi. Erano piccoli, gialli fosforescenti e sfoggiavano una manciata di antenne che spuntavano dal loro capino. Uno strano marchingegno che si portavano appresso e che faceva da traduttore simultaneo ci aiutava a comunicare. Gli esserini si stavano divertendo, ma ogni volta che me ne venivo fuori con un articolo possessivo il marchingegno s’inceppava. Mi dissero che nell’universo nessuno li usava.
Andò a finire che con tutti i “miei”, “mio” e “nostro” glielo ruppi, perciò se ne andarono e non tornarono mai più.

martedì 20 ottobre 2009

IL RISVEGLIO

«Numi, quanto tempo è passato?»
«Settant'anni...»
«Hai vegliato sui nostri corpi tutto questo tempo? Perché? Avresti potuto chiamarci prima.»
«Maestro, sono in pace con la mia scelta...»
«Capisco...»
«Non so quanto tempo ancora mi rimane. Sento che le forze mi stanno per abbandonare. Per questo motivo vi ho richiamato.»
«Certo.» Tielsin cercò negli occhi umidi di quel vecchio lo sguardo del ragazzo che aveva lasciato a custodire la torre. Il sonno degli astromanti aveva alterato la sua percezione del tempo. Si sentiva come se avesse dormito solo qualche ora.
«Ci sono novità dal mondo?»
«Domani verranno i nomadi a portare notizie.»

LA VEGLIA

Numi osservava il deserto dalla torre che era appartenuta al padre, in un tempo remoto di cui ricordava appena. Aveva trascorso una vita in solitudine, a guardia dei corpi dei maestri, solamente per espiare le colpe del genitore. Forse non era stato giusto, ma era quello che si era sentito di fare, ed era sicuro che se avesse potuto tornare indietro avrebbe fatto la medesima scelta. Aveva un solo rammarico, non essere riuscito a lasciare un erede per portare avanti la veglia. Doveva richiamare il maestro Tielsin, la cui anima dimorava da settant'anni nel cosmo. Poi anche lui avrebbe finalmente dormito...

lunedì 19 ottobre 2009

IL TEMPIO DEL DIO FASULLO

Yileit si avvicinò al tempio del dio fasullo. I fedeli erano prostrati sui gradini che portavano alla grande effige marmorea, un uccello dalla testa di lupo. Alcuni di loro mormorarono quando lei li oltrepassò, prendendo posto vicino alla statua. Non era permesso toccarla...
- Donna, come osi? - gridò qualcuno. Ma Yileit ignorò quelle parole e allungò la mano verso il muso del simulacro. Un suono simile ad un risucchio precedette l'incantamento. La statua scomparve come se fosse stata inghiottita dall'aria.
- Ecco quanto vale il vostro dio! - disse Yileit. Poi parlò loro di Entropia e dell’universo oltre il velo.

venerdì 16 ottobre 2009

ANIME VUOTE NEL TEMPIO DELL'ABBONDANZA

Erano passati settant’anni dall’avvento di Adú, il dio del fuoco, e più di un secolo dall’ultima guerra contro gli Entropici. Le dieci città prosperavano come mai era accaduto. Lontani erano i giorni in cui gli Astromanti vegliavano le rocche e i palazzi dei principi, e la minaccia del Grande Collasso aleggiava come un ombra sul cuore di ogni uomo. Adesso la magia era quasi una leggenda nelle terre dal Grande Mare alla Breccia. Eppure gli uomini, che vivevano in leggerezza e in abbondanza, si sentivano insoddisfatti, come se la pace tanto desiderata avesse svuotato i loro animi trasfigurando il loro destino.

venerdì 9 ottobre 2009

IL RACCONTO PIÚ BREVE

Quando il mio editore mi chiese di scrivere il racconto più breve che si era mai visto, io gli porsi furioso la mia ultima storia priva del finale.
- E questo cosa vuol dire? -
- Come cosa vuol dire? Hai visto cosa ha fatto il tuo dannato racconto? Era così breve che ha rubato le parole di quello che avevo appena scritto. Adesso nessuno saprà come andava a finire! -
L’editore mi guardò perplesso. Pensava che scherzassi, invece gli dissi di andare al diavolo e lo licenziai.
Se avevo ucciso quella storia la colpa era sua, e lui lo sapeva.

lunedì 5 ottobre 2009

IL CORVO E LA COLOMBA

C’era una volta un corvo e una colomba nel mezzo di una strada di periferia, ed eran appena le sei del mattino e la città dormiva beata. Il corvo beccava gli angoli di una paginetta della settimana enigmistica. Fu in quel mentre che la colomba gli si avvicinò.
«Che fai?»
«Leggo.»
«Tu?»
«Certo, perché le colombe non sanno leggere?»
«Certamente… ah, ah!»
«Perché ridi?»
«Per la battuta di quella vignetta.»
«Si, l’avevo già letta. Sto facendo il cruciverba, io…»
«Difficile?»
«No, l’ho quasi finito…»
Presi dalla lettura o dalla loro vanità, i due uccelli non udirono il camion del latte sopraggiungere.

giovedì 1 ottobre 2009

AMORE RITROVATO

Quarant'anni a sezionare cadaveri in una stanza sterile dove il fascino e le ambizioni della medicina erano presto sfumate in cinismo e noia.
Ancora un paio di giorni, la fine della settimana, e sarebbe arrivata la pensione.
Quella notte, sul lettino dell'obitorio, la sua paziente era una donna sulla sessantina, caucasica, bionda. Due coltellate al petto, sopra il seno sinistro. Segni particolari: il tatuaggio di una piccola farfalla sulla spalla; lo stesso tatuaggio di trent'anni prima.
Lui la osservò meglio riconoscendo quel volto, celato sotto un velo di rughe.
Per la prima volta in quarant'anni di servizio, pianse per una paziente.

YILEIT

Yileit respirava piano. Sentiva il vuoto attorno al suo corpo. Protese la parte eterea di se stessa dentro quel nulla assordante.
«Lo avverti, adesso?» domandò il vecchio.
«Si… è l’Inizio…» rispose lei, dentro il sogno.
Le mani nodose del maestro centenario lasciarono la presa sulle tempie dell’adepta. La ragazza aprì gli occhi.
«Sei pronta, Yileit. Ora finalmente potrò incontrare l’Abisso…»
«Ma maestro…» provò a dire lei.
«No. Lasciami solo. Vá, adesso! Porta la parola del cambiamento. Lasciami morire felice…»
Yileit accarezzò i capelli bianchi del maestro, poi uscì dal tempio degli Entropici, l’ultimo rimasto.
Il nuovo Inizio era la Fine, pensò.